Se esiste, tra quanti rientrano nella progettazione di un’automobile, un elemento in cui agli aspetti funzionali di base si sovrappongono elementi decorativi, simbolici e metaforici, il tutto in continua evoluzione stilistica, questo è in primo luogo il volante. Esso è l’organo su cui maggiormente si concentra l’interazione tra uomo e macchina, il primo su cui lo sguardo si posa una volta entrati nell’abitacolo, e l’ultimo da cui si stacca uscendone. È quindi comprensibile che tutti gli sviluppi tecnici ed estetici di cui l’automobile è stata testimone, si siano concentrati nella forma del volante: forma a sua modo “perfetta” ma, in realtà, sempre ulteriormente perfettibile e modificabile.
Il volante non è solo l’organo che consente al conducente di direzionare il veicolo, ma è anche quello che, più di tutti, permette di “sentire” l’automobile, di provare le sensazioni che gli amanti delle quattro ruote apprezzano. Esso si è continuamente rinnovato nel tempo, grazie a migliorie che gli hanno permesso di diventare sempre più influente nell’economia generale del veicolo, qualificandosi a poco a poco come il centro di comando e gestione di diverse componenti dell’auto. In oltre un secolo di storia, questo elemento è sempre stato oggetto di grandi cure, dal punto di vista tecnico come da quello stilistico, e con particolare attenzione alle componenti ergonomiche.
D’altra parte, a partire dai primi anni venti del ‘900, lo studio approfondito dell’aerodinamica e della plasticità delle carrozzerie sono diventati irrinunciabili per imporre i nuovi modelli automobilistici su un mercato sempre più vasto. E dalle componenti esterne, sempre più accuratamente modellate, verniciate e cromate, a quelle interne – si tratti di sedili, strumentazioni di bordo o, appunto, del volante – il passo è stato molto breve. In questo articolo, il primo di una serie che intende sinteticamente ripercorrere la vicenda del volante automobilistico dalle origini ai giorni nostri, ci soffermeremo su alcuni dei modelli usciti tra l’età eroica delle origini e la fine del terzo decennio del secolo XX, scelti fra i più noti ed esemplari.
Le prime automobili propriamente intese appaiono in Europa negli anni ottanta del secolo XIX. Esse non sono dotate del volante come oggi lo si conosce, ma di una barra posizionata lateralmente o centralmente, che permette di direzionare il mezzo. La velocità è in quest’epoca molto modesta, aggirandosi attorno ad un massimo di 30 km/h, cosicché la barra permette di controllare comodamente il veicolo. Appartiene a questa tipologia quella che è considerata la prima auto moderna, la Motorwagen uscita presso la tedesca Mercedes-Benz nel 1886. La Motorwagen è dotata di una piccola barra verticale molto simile al manubrio delle biciclette, denominato anche a “T”. Pochi anni dopo, nel 1891, la francese Peugeot mette in produzione la Typ 2, essa pure caratterizzata da uno sterzo a barra, ma dalla forma differente rispetto alla Motorwagen: non più a “T”, ma costituita da una barra in metallo inclinata in direzione del conducente.
Con l’aumentare delle prestazioni, soprattutto per quanto riguarda la velocità, inevitabilmente lo sterzo a barra mette in mostra tutti i suoi limiti. Nel 1896, il volante fa la sua prima apparizione su una vettura Panhard & Levassor nella competizione automobilistica Parigi-Rouen. Da quel momento in poi, diverse automobili saranno attrezzate col volante, anche se fino ai primi anni del ventesimo secolo molte continueranno ad adottare lo sterzo a barra. È solo a partire dalla metà del primo decennio del secolo XX che il volante prende definitivamente il sopravvento.
La barra di comando lascia dunque spazio ad uno strumento molto più comodo e pratico, che permette di avere un maggiore controllo del veicolo. Oltre all’aumento delle velocità medie, un’influenza determinante in tal senso viene dall’automobilismo sportivo, con un calendario di gare sempre più frequenti e di grande impatto sul pubblico. Poco a poco, l’automobile non verrà più vista unicamente come mezzo di trasporto più o meno comodo ed efficiente, ma anche come protagonista di pratiche agonistiche di grande fascino, e come catalizzatore di sogni e miti collettivi.
Esce nel 1908 una delle vetture-simbolo nella storia dell’automobile: si tratta della Ford Model T, la prima auto costruita adottando in toto gli strumenti e le procedure della catena di montaggio. Il volante di questa vettura è moderno e in anticipo sui tempi, anche rispetto a molti altri prodotti negli anni successivi. Lo caratterizzano una corona in legno, quattro razze in acciaio e, appena dietro, sul piantone dello sterzo, la leva dell’acceleratore. Negli anni immediatamente successivi, oltre ad essere utilizzato da ormai tutte le aziende costruttrici, il volante viene anche valorizzato con l’aggiunta di molteplici comandi che permettono al conducente di gestire direttamente, senza distogliere le mani dalla guida, alcune delle funzioni dell’auto. Al giorno d’oggi, quasi tutti i volanti delle auto sono dotati di tasti multifunzione che, anche se per motivi ed usi diversi, richiamano molto quelli collocati sullo sterzo delle auto degli anni dieci del secolo XX, come appunto la Model T.
Durante il primo ventennio del secolo XX i volanti sono caratterizzati da ampie e spesse corone circolari. D’altra parte, il servosterzo e le moderne tecnologie che coadiuvano nella guida, rendendola più agevole e comoda, non sono ancora stati sviluppati, cosicché le grandi dimensioni del volante sono indispensabili per una buona gestione del mezzo. Molti volanti sono dotati di tre o più razze in acciaio o legno, nonché di comandi le cui funzioni variano dalla gestione della potenza del motore, al cambio marce, alla gestione degli ammortizzatori.
Nel 1914, la Rolls Royce inizia a produrre la 40-50 HP. Al centro del volante di questa vettura sono posizionati i controlli per il motore conosciuti anche come ECU: in sostanza, l’attuale centralina. Essi permettono al conducente di settare nel modo più opportuno, intervenendo direttamente dal volante, alcuni dei parametri più importanti per il funzionamento dell’auto. Cinque anni più tardi, nel 1919, la Isotta Fraschini mette in produzione la Modello 8. Anche qui, il volante si caratterizza per il posizionamento, nella zona centrale in cui le razze si incrociano, dei comandi per regolare la messa a punto del motore. Il tutto avviene attraverso tre leve: una per l’anticipo, una per la proporzione della miscela aria-benzina ed una per la posizione dell’acceleratore. Ma i volanti delle due auto sono accomunati anche dal design fresco, moderno e con le quattro razze disposte a x; in entrambi i casi, poi, la corona e parte delle razze sono rivestite in materiale plastico di colore nero.
In molte vetture da corsa degli anni venti, il volante spicca per un’impugnatura più morbida, alle volte rivestita in pelle o similpelle, ed appare più grande del normale, poiché fuoriesce dai piccoli abitacoli progettati per ospitare il singolo pilota. Nello scorcio finale del decennio, l’influenza dello Streamlining statunitense è ormai alle porte anche in Europa, ma diverse case automobilistiche continuano a produrre modelli dallo stile classico e dalle forme squadrate. Carrozzeria e volante della Mercedes Typ 770 del 1930 aderiscono in pieno a questo trend che, peraltro, nella auto da parata, pensate per occasioni ufficiali, non verrà mai meno del tutto, anche quando, dopo la seconda guerra mondiale, i canoni dello styling all’americana, con forme e colori potentemente enfatizzati, avranno preso il sopravvento ovunque nel mondo, in forme più o meno pronunciate.
Quello della Typ 770 è un volante molto grande, caratterizzato da un raggio ampio, con una corona molto sottile e quattro razze incrociate. Corona e razze sono ricoperti di materiale plastico nero. Nel centro sono presenti una seconda corona più piccola che funge solo da elemento decorativo, il logo della casa di Stoccarda, e tre piccole leve che permettono di aggiungere altrettante marce “extra” al motore. Potremmo considerarlo il culmine e, in parte, già il canto del cigno, di un design del volante concepito in termini classici, primonovecenteschi, che rimangono come un emblema dei primi quaranta-cinquant’anni di storia dell’automobile.
In alto: Tamara de Lempicka, Autoritratto sulla Bugatti verde (particolare), 1929-32, olio su tela, cm. 35 x 27, collezione privata. Sotto: volante Fiat S 76, 1912.