Monografie abbinate all’uscita dei quotidiani, dispense periodiche, dvd, cd rom, programmi televisivi, siti web: la divulgazione storico-artistica ha ormai da anni un impatto non trascurabile sul pubblico dei consumatori. Sotto Natale, poi, quando imperversano le strenne librarie, l’offerta raggiunge l’apice. Ovvio che non è sempre oro quello che luccica, e le pile di volumi con la foto del critico famoso in copertina ricordano fin troppo da vicino i panettoni che, dopo le feste, prenderanno la via del 3 x 2.
Anche le leggi non scritte che regolano questa economia possono dirci, a modo loro, qualcosa di interessante su ciò che il mercato si aspetta dall’arte e dagli artisti di tutte le epoche. Tralasciando il capitolo a sé delle mostre e dei cataloghi, si ha l’impressione che, a monte di tutto, vigano dei confini, ed oltre i confini, delle terre incognite in cui non vale la pena inoltrarsi. Per citare solo qualche nome di prima grandezza: è facile imbattersi in ogni genere di pubblicazione su Botticelli, Michelangelo, Caravaggio, Van Gogh o Matisse, mentre poco o nulla è reperibile su Bernini, Borromini o David. Quanto ai libri-panettone, i loro titoli ostentano parole come “arte”, “sguardo”, “immagine”, “bellezza”, “enigma”, salvo dover poi constatare che vi si parla quasi solo di pittura ad olio su tela. Ed anche qui con modalità molto prevedibili, basate su un prudente dosaggio tra grandi protagonisti e qualche outsider.
Insomma, la cifra facilmente riconoscibile, spiccatamente individualizzata, sembra essere il requisito-base per fare di un artista un beniamino. A sua volta, l’artista che si esprime nell’osservanza di regole chiare e condivisibili, senza far trapelare il proprio vissuto, producendo opere fatte innanzitutto per durare, rischia di sembrare troppo universale o troppo anonimo e, quindi, di passare inosservato.
Sopra: Libro di Kells, pagina 19 verso (particolare), 800 circa, Dublino, Trinity College.