Questo numero di FD si interroga, come il precedente, sul decoro novecentesco e, in particolare, su come esso abbia recepito il secondo dei due grandi modelli astratti in pittura: quello di tipo lirico, facente capo a Vasilij Kandinskij. Ne scaturiscono vari motivi di riflessione, su cui sarà il lettore a giudicare. Ma questo numero della rivista sfiora anche un altro tema, marginale in sé e per sé ma di notevole impatto simbolico. E cioè: quale artista è giunto per primo all’astrattismo? Con quali opere? Come si vedrà nella recensione che la riguarda, la pittrice svedese Hilma af Klint, che, stando a quanto emerso finora, realizzò tele astratte già nel 1906, potrebbe rivendicare a sé quel primato cronologico che solitamente si riconosce a Kandinskij e che vari altri, fra cui l’italiano Romolo Romani, si sono di tanto in tanto visti attribuire.
Per fortuna la storia dell’arte non prevede né fotofinish né medaglie, e tra i molti genitori dell’astrattismo Kandinskij resta, più di tutti, il padre. Tuttavia, l’angolo visuale da cui si pone FD consente un’altra osservazione. Nella decorazione, più che in ogni altro universo artistico, l’iconico e l’aniconico non si escludono ma, al contrario, si integrano a vicenda. Si afferma spesso che la civiltà europea abbia fatto trionfare, in campo artistico, la figurazione naturalistica in ogni suo aspetto, ponendola al centro della propria visione filosofica e teologica. Verissimo. Ma non sarà che il suo maggior titolo di merito sia proprio quello di essere sempre riuscita a far coesistere, anche grazie ai buoni uffici dell’ornamento, naturalismo e astrattismo, dando a ciascuno la sua dignità e il suo ruolo?
In alto: ricostruzione del ciclo decorativo di Vasilij Kandinskij per la Juryfreie Kunstausstellung di Berlino, 1922, Milano, Palazzo Reale, 2104 (www.rainews.it).