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Mosca-Venezia, sessant’anni dopo

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Ramificata e complessa com’è, la storia della decorazione svela non di rado vicende dimenticate e, con esse, implicazioni sociali, economiche e politiche insospettabili. Una di tali vicende è quella che in URSS portò, morto Stalin nel 1953, all’emanazione del decreto sulla “liquidazione degli eccessi” (4 novembre 1955) voluto da Nikita Chruščёv, nuovo uomo forte del regime. Accadeva sostanzialmente in quegli anni che, per dare slancio ad un’edilizia pubblica basata su elementi standardizzati e prefabbricati, che avrebbe dovuto risolvere la drammatica carenza di alloggi e al contempo diffondere l’idea di un paese moderno e al passo coi tempi, occorreva marcare il più possibile il distacco col precedente corso: il cosiddetto “classicismo socialista” che, con le sue architetture magniloquenti, aveva fornito la scenografia ideale a quel culto della personalità che aveva caratterizzato la tirannia staliniana.

Un bello squarcio sulla vicenda in cui si inserì il decreto sulla “liquidazione degli eccessi” ci è offerto dal padiglione russo della Biennale Architettura di Venezia (maggio-novembre 2016), dedicato al VDNKh (sigla che sta per “Esposizione delle Conquiste dell’Economia nazionale”), enorme complesso monumentale moscovita inaugurato nel 1939 ed oggi destinato a centro commerciale e ricreativo. A fare le spese dell’effimero disgelo chruščёviano furono colonne, frontoni e architravi, sbrigativamente condannati come simboli imperiali costosi e indigesti, ma anche una plastica ornamentale più umile, innervata di folklore popolare, con le relative filiere produttive. Vederne ricomparire alcuni esemplari superstiti nel padiglione veneziano di quest’anno fa un effetto inatteso, non banale, che raccomandiamo a chiunque ami districarsi nelle tortuosità e nei giri viziosi che la storia continuamente propone.

In alto: padiglione del Tabacco, 1954, complesso VDNKh, Mosca (foto © Dmitry Ivanov/Wikimedia Commons).
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