Nel corso dei due ultimi anni, la città di Reggio Emilia ha assistito al compiersi di due eventi di pittura murale, di gusto e di livello molto diversi tra loro: il primo fallimentare e fuorviante, il secondo sorprendentemente ben elaborato e condotto. Il caso ha voluto che le vie elette a teatro delle due operazioni siano molto vicine sulla mappa della città, cosicché il passante può, in pochi minuti, spostarsi da questa a quella e confrontare in tempo reale i risultati delle due diverse esperienze. Ad ulteriore conferma, se ce ne fosse bisogno, del fatto che la vera discriminante per giudicare della bontà di un’opera d’arte non è nel procedimento tecnico in sé e per sé, ma nella bontà dell’invenzione figurativa. Vi è anche da osservare che, per una volta, la città di dimensioni medio-piccole risulta addirittura più chiara e paradigmatica della grande città nel mettere in scena un contrasto, un’alternativa secca tra due modi opposti di fare la stessa cosa. Solo apparentemente la stessa cosa.
Via Malta, una stretta strada in pieno centro storico costeggiante il lato destro di palazzo San Giorgio, sede della Biblioteca Comunale “Panizzi”. Nella tarda primavera del 2014, nello spazio di poche ore, un gruppo di writers ricopre tutto l’affaccio a pian terreno del palazzo con un terrificante graffito nel più puro stile bombolettaro tipico degli anni ’80-’90 del secolo scorso: lettering cifrato, comprensibile – ammesso che davvero vi sia qualcosa da capire – solo agli iniziati, colori urlati, elettrici, grossolanamente contornati e rilevati. Intervallati lungo tutta la parete, i ritratti alti due metri, ricalcati dall’iconografia ufficiale, di reggiani famosi nel mondo della cultura e dell’arte, da Antonio Ligabue a Pier Vittorio Tondelli. È come se, per un prodigio di dislocazione spazio-temporale, un tratto del muro di Berlino fosse improvvisamente risorto nel centro storico di una città della pianura padana, imbrattando un palazzo soggetto – almeno sulla carta – alla salvaguardia prevista dalle leggi vigenti in materia di patrimonio artistico e storico. L’aggravante è che non si è trattato di un’operazione clandestina o semiclandestina, ma bensì voluta ed avallata, con giustificazioni risibili, dall’Amministrazione Comunale, nel generale silenzio-assenso di tutte le espressioni politiche e culturali cittadine, tranne poche voci isolate.
La cosa ha dell’incredibile se solo si pensa che, pressoché simultaneamente, Confedilizia ha realizzato, pubblicizzato e diffuso in tutta Italia un “Decalogo antigraffiti” che cerca di far fronte, facendo appello agli anticorpi che ogni compagine sociale dovrebbe avere in sé, al fenomeno del vandalismo grafico 〈1〉. Come dire che, mentre la più importante organizzazione italiana di proprietari di immobili si attiva per difendere il patrimonio sia pubblico sia privato da chi lo deturpa, vi sono amministratori che addirittura avallano tali comportamenti, di fatto promuovendo la sottocultura e la disinformazione sul tema.
Trasferiamoci in via Gazzata, poco più in là in direzione del primo anello della circonvallazione, dove sorge il Liceo Classico “Ariosto”, costruito negli anni ’60 del secolo scorso in uno stile razionalista sobrio e dignitoso ma abbastanza stridente con gli edifici attigui, soprattutto per quanto riguarda il massiccio parallelepipedo corrispondente al vano della palestra scolastica. Ebbene, con una decisione ben ponderata in tutte le sue fasi, gli studenti del liceo, tramite i loro rappresentanti e col coinvolgimento del consiglio di istituto e di varie realtà cittadine, anche nel ruolo di sponsor, hanno messo a punto un programma iconografico imperniato sulla cultura greca, affidandone la realizzazione ad un gruppo di writers che hanno adattato i propri strumenti di lavoro e le proprie attitudini iconografiche e stilistiche, al luogo e al tema prescelti. In capo a due settimane di lavoro, col supporto di impalcature che hanno permesso di decorare uniformemente, in modo professionale, tutta la parete della palestra scolastica prospettante su via Gazzata, a fine maggio 2015 si è potuto inaugurare il murale intitolato Tra Atena e Prometeo: la conoscenza.
L’opera è scandita dal binomio cromatico di arancio-mattone e nero, che riesce sia nello rievocare il registro cromatico della pittura vascolare greca, sia nell’accordarsi col tono generale degli edifici rinascimentali e sette-ottocenteschi prospettanti sulla via, in particolare l’attigua chiesa di Sant’Agostino. Nulla di troppo rigorosamente archeologico, anzi ci sono varie soluzioni che strizzano l’occhio al fumetto e alle culture giovanili in genere. Tutto in modo molto discreto però, con buona misura compositiva, anche se la tendenza all’horror vacui ha rischiato qua e là di prendere il sopravvento. C’è da prevedere che, col progressivo sbiadire dei colori, il murale contribuirà sempre di più ad armonizzare la grande parete cieca in cui si iscrive, con lo spazio urbano circostante ritmato per lo più da finestre, cornici e marcapiani.
Non proviamo nemmeno a ricordare i nomi di coloro che si sono prodigati nella realizzazione delle due opere appena descritte, tanto più che i nicknames di rito dicono ben poco. La cosa interessante è che esecutori cresciuti ed educati attingendo alle stesse fonti, avendo lo stesso immaginario di riferimento, abbiano prodotto lavori diversissimi, quasi incomparabili tra loro. Nel primo caso, perdendosi in stereotipi consunti e prevedibili, grazie anche all’oggettiva complicità di una committenza non all’altezza del proprio ruolo; nel secondo, pervenendo ad una formulazione certo perfettibile ma suggestiva ed efficace, con l’aiuto determinante di una committenza competente ed aggiornata, a dispetto (o non, piuttosto, in ragione?) dei riferimenti culturali antichissimi, canonici, che ne hanno indirizzato le scelte.
〈1〉 Il documento è scaricabile dal sito www.confedilizia.it. Un ringraziamento ad Annamaria Terenziani, presidente di Confedilizia Reggio Emilia, per le preziose informazioni.
In alto: Giano bifronte (particolare), marmo, sec. XVII, Reggio Emilia, Palazzo Magnani. Sotto: una veduta del murale di via Gazzata a Reggio Emilia, maggio 2015 (www.gazzettadireggio.it).