Nella tradizione sia antica che moderna, il disegno è sempre stato oggetto di indagini tendenti a stabilirne con chiarezza la natura, i compiti e le potenzialità. Il tratto grafico che racchiude e svela la consistenza dei corpi pone infatti problemi di carattere ottico, ma anche filosofico ed epistemologico, nel senso più ampio. La definizione di “disegno” che si può leggere nelle Vite di Giorgio Vasari (1511-1574) è ancor oggi efficacissima nel sottolineare le prerogative dell'immagine disegnata, al di là degli stessi limiti fisici, tecnici e percettivi che ne rendono più o meno difficoltosa la codificazione. Il disegno nasce da un'azione congiunta della mano e dell'intelletto, che nessun soggettivismo, spontaneismo o contaminazione tecnologica possono mettere in ombra. E' ancora “idea” e, al tempo stesso, è già “opera”. Il brano che citiamo è tratto dalla seconda e definitiva redazione delle Vite, pubblicata a Firenze dall’editore Giunti nel 1568, e si trova nella sezione "Della pittura", cap. XV. L'edizione consultata è la seguente: Giorgio Vasari, Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, Roma, Newton Compton, 1991, p. 73.
Perché il disegno, padre delle tre arti nostre, architettura, scultura e pittura, procedendo dall’intelletto, cava di molte cose un giudizio universale, simile a una forma o vero idea di tutte le cose della natura, la quale è singolarissima nelle sue misure, di qui è che non solo nei corpi umani e degl’animali, ma nelle piante ancora, e nelle fabriche e sculture e pitture cognosce la proporzione che ha il tutto con le parti, e che hanno le parti fra loro e col loro insieme. E perché da questa cognizione nasce un certo concetto e giudizio che si forma nella mente quella tal cosa, che poi espressa con le mani si chiama disegno, si può conchiudere che esso disegno altro non sia che una apparente espressione e dichiarazione del concetto che si ha nell’animo, e di quello che altri si è nella mente imaginato e fabricato nell’idea. E da questo per avventura nacque il proverbio de’ Greci «Dell’ugna un leone», quando quel valente uomo vedendo scolpita in un masso l’ugna sola d’un leone, comprese con l’intelletto da quella misura e forma tutte le parti di tutto l’animale, e dopo il tutto insieme, come se l’avesse avuto presente e dinanzi agl’occhi.
Credono alcuni che il padre del disegno e dell’arti fusse il caso, e che l’uso e la sperienza, come balia e pedagogo, lo nutrissero con l’aiuto della cognizione e del discorso; ma io credo che con più verità si possa dire il caso aver più tosto dato occasione, che potersi chiamar padre del disegno. Ma sia come si voglia, questo disegno ha bisogno, quando cava l’invenzione d’una qualche cosa dal giudizio, che la mano sia, mediante lo studio et essercizio di molti anni, spedita et atta a disegnare et esprimere bene qualunche cosa ha la natura creato, con penna, con stile, con carbone, con matita o con altra cosa; perché quando l’intelletto manda fuori i concetti purgati e con giudizio, fanno quelle mani, che hanno molti anni essercitato il disegno, conoscere la perfezione et eccellenza dell’arti, et il sapere dell’artefice insieme. E perché alcuni scultori talvolta non hanno molta pratica nelle linee e ne’ dintorni, onde non possono disegnare in carta, eglino in quel cambio con bella proporzione e misura facendo con terra o cera uomini, animali, et altre cose in rilievo, fanno il medesimo che fa colui il quale perfettamente disegna in carta o in su altri piani.
In alto: Giorgio Vasari, San Luca che dipinge la Vergine (particolare con autoritratto del Vasari nei panni di San Luca), 1565 circa, affresco, cm. 350 x 450, Firenze, Convento della Santissima Annunziata, Cappella di San Luca. Sotto: Antonio del Pollaiolo, Studio per il monumento equestre di Francesco Sforza, 1480 circa, disegno a inchiostro su carta con forature per ricalco, cm. 28 x 25, New York, Metropolitan Museum of Art, Robert Lehman Collection, già parte del "Libro de' Disegni" di Giorgio Vasari (Wikimedia Commons).