Non è facile accostarsi oggi alla filosofia di Platone (Atene, 428/427 a.C. - 348/347 a.C.). Da un lato, i problemi che essa pone urtano contro l'odierno culto della soggettività e dell'individualismo; dall'altro, la concezione politico-sociale che ne discende evoca una forma di Stato aristocratica ed oligarchica, per noi difficilmente assimilabile. Tralasciando queste generiche suggestioni, il dato che emerge con forza dalle righe che seguono è la centralità che Platone attribuisce alle arti nella formazione della personalità umana, il legame indissolubile che egli stabilisce tra un ordine interiore ed uno esteriore. In modo già pienamente umanistico, Platone è convinto che esista una corrispondenza fra il tutto ed ogni sua parte, e che essa sia mirabilmente illustrata dal linguaggio musicale, con le sue strutture armoniche e ritmiche immuni da ogni casualità o arbitrio. Il passo qui pubblicato con un titolo redazionale è tratto da La repubblica, libro III, capitolo XII. Vi interloquiscono - nella forma dialogica, tipica degli scritti di Platone - i personaggi di Socrate e Glaucone. La versione è quella tradotta da G. Lozza per il secondo dei due volumi dedicati a Platone nella collana “I classici del pensiero”, Mondadori, Milano 2008, pp. 157-158.
«Ma dovremo sorvegliare e costringere soltanto i poeti, con la minaccia di trasferirli altrove, a introdurre nelle loro opere la rappresentazione dei buoni costumi? Non occorre forse sorvegliare anche gli altri artisti e impedire loro di introdurre sia nella rappresentazione di esseri viventi sia negli edifici e in ogni altra loro opera la malvagità, la sfrenatezza, la viltà, l’indecenza, sotto la pena di negare il permesso di lavorare da noi a chi sia incapace di porsi questa limitazione? E’ lecito infatti temere che i nostri guardiani, se cresceranno fra le immagini del vizio come in mezzo a erbacce e ne raccoglieranno molte un poco ogni giorno e se ne nutriranno, ricevano senza accorgersene nel loro animo un unico grande male. Non occorre, al contrario, cercare gli artisti capaci di seguire le tracce della natura di ciò che è bello e decoroso? Così i giovani, come chi vive in un luogo salubre, da ogni cosa trarranno vantaggio, e da qualsiasi parte giunga loro l’impressione di un’opera bella per la vista o per l’udito, come vento salutare che spiri da luoghi salubri. Allora fin da fanciulli, senza nemmeno rendersene conto, da simili impressioni saranno guidati alla concordia, all’amicizia e a una perfetta sintonia con la retta ragione.»
«Certo questa sarebbe per loro la migliore educazione possibile» rispose.
«A questo fine perciò» io ripresi «l’educazione decisiva, Glaucone, è quella musicale, perché il ritmo e l’armonia penetrano fino in fondo all’animo, e lo toccano nel modo più vigoroso infondendogli eleganza, e rendono bello chi abbia ricevuto un’educazione corretta, mentre accade il contrario all’incolto. Chi possiede una sufficiente educazione musicale può accorgersi con grande acutezza di ciò che è brutto o imperfetto nelle opere d’arte o in natura, e se ne dispiace a buon diritto, mentre sa approvare e accogliere con gioia nel suo animo ciò che è bello, e nutrirsene e diventare un uomo onesto. Fin da giovane saprà invece biasimare e odiare giustamente ciò che è brutto, ancor prima di potere motivare razionalmente la sua avversione; quando poi avrà anche questa facoltà, la saluterà con affetto, perché, se avrà ricevuto tale educazione, la sentirà affine a se stesso.»
«A me sembra» disse «che il fine dell’educazione musicale sia proprio questo.»
In alto: busto virile identificato con Dioniso o Platone (particolare), I sec. a. C., bronzo, Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Sotto: Giovanni Pisano, Platone (dettaglio della statua a figura intera), 1280 circa, marmo, Siena Duomo.