Pur con sfumature diverse, gli studiosi concordano nel dire che all’origine dei meandri, degli intrecci e delle geometrie che fin dall’età preistorica hanno fatto germinare l’arte decorativa, non vi sia stata una precisa intenzionalità estetica, ma piuttosto una concomitanza di fattori attivi a livello in parte cosciente, in parte subcosciente. Insomma, la questione si pone in tutt’altro modo rispetto ai caratteri dell’astrazione novecentesca, al di là delle analogie formali che tutti possiamo facilmente osservare. Rispetto ai grafismi di Kandinskij o Capogrossi, i trattini, croci, svastiche, tondi, spirali, zig-zag che ricoprono la superficie di qualche antico utensile, sono più semplici e, insieme, molto più complessi. Se da un lato essi nascono al di fuori di qualunque scolastica, dall’altro sono il frutto di un’antropologia misteriosa ed oscura ma sicuramente nutrita di paure e interrogativi fondamentali, gli stessi che ci poniamo ancor oggi.
È molto probabile che in un lontano passato la concatenazione dei segni (da quelli tatuati sul corpo a quelli incisi sugli oggetti) rispondesse a necessità plurime, fuse in una dimensione magico-rituale che le unificava. Operazioni come indicare, descrivere, conteggiare, esorcizzare, pregare (e molto altro ancora), che oggi si avvalgono di codici verbo-visivi specializzati, si risolvevano in un tutto unico, dando vita a sequenze grafiche che non possono non apparirci misteriose. Questa dimensione sovratemporale, da cui tutto nasce e a cui tutto torna, è connaturata ai linguaggi ornamentali. È difficile riconoscerla nella parcellizzazione dei linguaggi attuali, tra i mille palliativi di un design e di una comunicazione visiva in grave crisi di credibilità. Ma è ancora più difficile obliterarla, privarsene del tutto. Qui, fra queste due opposte difficoltà, è il terreno su cui coltivare oggi una nuova arte della decorazione.
In alto: particolare di mosaico romano da soglia con motivo apotropaico (ying-yang) dall'antica Hadrumetum, I sec. d.C., Susa (Tunisia), Museo Nazionale.