Arquà Petrarca è un ameno borgo arroccato sui Colli Euganei nel quale Francesco Petrarca (1304-1374) visse i suoi ultimi anni. La casa del poeta, pur pittoresca, si presenta spoglia perché di costruzione rustica e priva di ogni arredo. Unico mobilio superstite dell’originario arredo trecentesco sono la sedia del poeta ed un armadio-libreria, conservati come reliquie. Chi, come noi, si sta ponendo il problema della “buona decorazione” (intendendo con ciò quali forme, quali motivi e quale stile essa debba assumere per rendersi appetibile al gusto contemporaneo), rimane stupefatto nello scoprire in tali antichi manufatti due modelli esemplari. La sedia in particolare è di grande interesse.
Sulla forma, che lascia supporre una possibilità di chiusura, come in certe vecchie sedie da giardino, non ci soffermiamo in quanto è tema pertinente alla progettazione dell’arredo, settore che esula per il momento dalle nostre ricerche. È il decoro dello schienale che, invece, ci ha colpito e sul quale vale la pena soffermarsi. Esso è costituito da un leggero intaglio sviluppato su due fasce: una inferiore con un grande motivo centrale a rosetta e due pannelli laterali coperti con un fitto motivo geometrico a stella; una superiore dove, invece, il motivo centrale è a scudo, affiancato da due rosette e completato dal precedente motivo a stella.
La finezza della lavorazione ricorda i coevi manufatti arabo-ottomani, giocati fra la raffinata complessità del disegno e l’apparente semplicità dell’esecuzione, che si risolve tutta in un effetto di superficie dato da un intaglio appena accennato. Il gusto d’insieme si potrebbe senz’altro definire gotico. Questo parallelismo fra gusto gotico e decoro islamico ci porta ad una prima considerazione. Si può affermare che durante il Medioevo vi fu unità di gusto e di decoro fra Europa cristiana ed Oriente islamico. Il Rinascimento, invece, recuperando la cultura greco-romana, operò un taglio netto indirizzando l’arte europea su una strada autonoma e divergente. Il recupero dei modelli fitomorfi greco-romani, anche se all’inizio mantenne un forte effetto di saturazione superficiale e una rigorosa struttura compositiva, determinò comunque l’abbandono dell’ornato geometrico a favore del successivo stile naturalistico.
Ecco allora che, nell’immaginario contemporaneo, l’archetipo della decorazione è costituito dai riccioli dei girali, non dall’ordinata scansione delle geometrie. Per noi oggi, decorazione sono i volumi barocchi della veneziana Chiesa della Salute, non le raffinate tarsie lapidee del Palazzo Ducale. La sedia del Petrarca, invece, è affine a queste ultime, e costituisce una radice di decoro che pensavamo disseccata. La monumentalità del Palazzo Ducale di Venezia o della facciata della chiesa di Santa Maria di Collemaggio all’Aquila, crea infatti una distanza che ci fa leggere questi esempi solo come documenti storici. Ma la calda intimità dell’intaglio ligneo di un mobile d’uso quotidiano come una sedia, ci fa capire invece che quella cosa è ancora vitale: un simile decoro su un armadio contemporaneo ne farebbe un mobile stupendo. Non è solo l’effetto di superficie dato dal motivo geometrizzante a rendere questa decorazione proponibile come modello per il rarefatto gusto contemporaneo.
L’analisi dei motivi stessi riserva ulteriori sorprese. Le rosette sono totalmente geometriche, essendo costituite da una raffinatissima composizione radiale di elementi che pur dissociandosi dalla stella non arrivano mai a suggerire la gemmatura tipica della rosetta rinascimentale. Il motivo a correre ha invece un chiaro pattern a stella, sviluppato su griglia quadrata, che genera una ordinata composizione di superficie in cui pieni e vuoti si equilibrano magistralmente. Esemplare poi è la soluzione del problema del centro con i vari motivi focali, cioè lo scudo e le varie rosette, ed il loro rapporto proporzionale con le superfici di riempimento percorse dal motivo stellare.
In sintesi, su una superficie limitata e insignificante come lo schienale di una sedia, si ritrovano una potenza inventiva ed un rigore compositivo che travalicano di gran lunga l’apparente banalità della lavorazione, un intaglio ligneo profondo pochi millimetri. È tale asimmetria che sbalordisce: a fronte di una lavorazione semplice, quasi banale, l’invenzione ornatistica è superlativa. Punto chiave, questo. Se oggi vogliamo (e dobbiamo) recuperare la decorazione, non possiamo gestire i mezzi banali che la standardizzazione delle lavorazioni ci impone, ricorrendo a idee altrettanto banali. Non è con il virtuosismo tecnico-artistico del Barocco ma con la raffinata complessità compositiva del Gotico, che si può rompere il circolo vizioso rappresentato dal costo delle lavorazioni. Gotico che oltretutto, sviluppandosi principalmente con effetti di superficie, rende possibile anche il consono utilizzo dei materiali standard e degli utensili robotizzati contemporanei (semilavorati, plotter, frese a controllo numerico, eccetera). A conti fatti, crediamo che oggi il problema della “buona decorazione” trovi nella casa del Petrarca, ad Arquà, una sua prima soluzione.
In alto: Andrea del Castagno, Francesco Petrarca (particolare), 1448-51, affresco, Firenze, Palazzo degli Uffizi. Sotto: La sedia del Petrarca, Arquà, Casa di Francesco Petrarca.