Dal 3 al 29 febbraio 2012, l’Accademia di Belle Arti di Bologna ha ospitato una interessante mostra di una quarantina di disegni di studenti dell’Accademia di Belle Arti di San Pietroburgo, eseguiti tra il 1951 e il 2002 e conservati nell’Archivio Storico dell’istituzione russa. Soggetto: la figura umana, vista sotto il profilo sia anatomico sia ritrattistico. Curatore: Semion Mikhailovskij, direttore dell’Accademia, storico e critico d’arte. La mostra, già ospitata al MAR di Ravenna col titolo di Elogio della mano, replicherà alle Accademie di Belle Arti di Roma e di Venezia. Ma questo passaggio bolognese ha già detto molto su di essa e sui problemi che essa pone “agli osservatori occidentali” (per dirla in stile giornalistico).
Quale la reazione dei visitatori? Possiamo riassumerla in due parole: ammirazione e incredulità. Ammirazione per la grande perizia tecnica con cui la figura umana viene modellata sul foglio, ricorrendo a quell’ampio ventaglio di pose e di soluzioni chiaroscurali che si definiscono “accademiche” semplicemente perché le accademie le hanno sempre insegnate. Incredulità di fronte all’idea che, altrove, si continui a sfornare diplomati dediti ad esercitazioni in tutto e per tutto paragonabili a quelle che, nelle analoghe aule italiane, si tenevano fino a qualche decina di anni fa e che oggi rischiano addirittura di sparire dai programmi. Diciamo la verità: nonostante il nudo d’accademia sia uno dei prodotti più universali che l’arte d’Occidente abbia mai partorito, c’è molto di russo in queste immagini. Davanti a certe pose melodrammatiche, teatrali, alla maniera di Michelangelo, David o Hayez, verrebbe voglia di far indossare a quei modelli nudi gli scarponi, le tute e gli elmetti, di far loro impugnare un fucile o guidare un trattore, per ritrovarsi già pronto un quadro del Realismo Socialista, uno di quelli coi soldati dell’Armata Rossa in battaglia o coi lavoratori del Kolkhoz che festeggiano il Primo Maggio.
Fin qui, tutto giusto. Ma attenzione: il giochetto sociologico si può fare con tutto e con tutti, senza dimostrare in realtà un bel niente. Anzi, può diventare un boomerang. Questi disegni hanno la bellezza che una cosa ha quando è fatta bene, qualunque essa sia. Non sono figli di un credo estetico ma di un metodo didattico. Sono come il solfeggio al conservatorio. Sono stati eseguiti in epoche diverse: negli anni di Stalin al potere e negli anni in cui Chruščëv denunciava i crimini di Stalin, quando l’esercito russo soffocava la primavera di Praga e quando invadeva l’Afghanistan, mentre cadeva il muro di Berlino e mentre l’URSS si dissolveva, e più tardi ancora, quando un politico pietroburghese, Vladimir Putin, diventava l’uomo forte nella nuova Russia. Il voto loro attribuito dal docente è cinque, il più alto nelle accademie russe. Ci saranno stati anche a Pietroburgo, come dappertutto, gli studenti meno bravi, e forse sono diventati proprio loro gli artisti migliori. Ma questo è un altro discorso. Questi disegni non sono belli perché sono opere d’arte. Sono belli perché sono fatti a regola d’arte.
In alto: l'Accademia di Belle Arti di San Pietroburgo (foto © Alex 'Florstein' Fedorov). Sotto: Un disegno dalla mostra "Disegni da San Pietroburgo a Bologna".