Architetto, grafico e decoratore, l'inglese Owen Jones (1809-74) è tra i massimi studiosi ottocenteschi dei linguaggi dell'ornamento. Negli anni trenta dell'800 viaggiò in Grecia, Egitto, Turchia e Spagna, dove studiò a lungo il palazzo dell'Alhambra di Granada, scoprendone la ricchezza di soluzioni formali e traendone i fondamenti della propria teoria della decorazione. Teoria tesa a superare l'eclettismo e il revivalismo imperanti e, precorrendo il movimento Arts & Crafts, ad un costruttivo rapporto con la produzione in serie. L'attività professionale di Jones si divise tra l'editoria, la progettazione di edifici e la realizzazione di oggetti ed arredi. Fondamentale fu il suo ruolo organizzativo nell'Esposizione Universale di Londra del 1851 e nell'allestimento del South Kensington Museum, il futuro Victoria and Albert. Il brano che qui pubblichiamo con un titolo redazionale è tratto dal libro più importante di Jones, The Grammar of Ornament, e precisamente dal capitolo X, dedicato appunto alle decorazioni moresche dell'Alhambra. Pubblicata per la prima volta nel 1856 e tuttora inedita in lingua italiana, la Grammar è, col vasto corredo iconografico e i relativi commenti tecnico-stilistici, un atlante della decorazione nelle varie epoche e civiltà. Se il taglio storiografico è oggi inevitabilmente datato, freschissima resta la veste editoriale e insuperabile la ricchezza delle illustrazioni. La scoperta della decorazione islamica (e con essa, di tutta la decorazione) come forma d'arte di grande complessità tecnica, linguistica e simbolica, passa obbligatoriamente attraverso la conoscenza di questo libro.
Pattern intrecciati. Abbiamo già suggerito, nel capitolo IV, come l’immensa varietà degli ornamenti moreschi, formati dall’intersezione di linee equidistanti, si fondi su un repertorio che dal fregio arabo risale fino a quello greco. Gli ornamenti alla tavola XXXIX si fondano su due principi generali; i nn. 1-12, 16-18 sul primo (diagramma n. 1), il n. 14 sul secondo (diagramma n. 2). Nella prima serie le linee diagonali sono equidistanti, e le doppie linee verticali e orizzontali si incrociano in ogni quadrato che attraversano. Invece, nel sistema di costruzione del n. 14, sono equidistanti le linee verticali e orizzontali, e le doppie linee diagonali si incrociano solo in uno su due dei quadrati che attraversano. Il numero di pattern che si possono produrre con questi due sistemi è pressoché illimitato; dalla tavola XXXIX si vedrà poi che la varietà può ulteriormente aumentare, a seconda della colorazione del piano e delle linee. Ciascuno dei pattern raffigurati può essere variato evidenziando una particolare concatenazione o qualche aspetto d’insieme.
Schemi a losanghe. L’effetto generale delle tavole XLI e XLI* spiegherà subito, crediamo, la superiorità da noi attribuita all’ornamento moresco. Stampate in tre soli colori, esse sono più armoniose ed efficaci di qualunque altra in questa raccolta, ed esercitano un fascino particolare, che manca a tutte le altre. I vari principi da noi sostenuti, l’idea di costruzione per cui ogni linea-guida si appoggia su un’altra, le transizioni graduali da curva a curva, le curvature tangenti delle linee, lo scaturire degli ornamenti da un ceppo comune, la leggibilità di ogni fiore dalla corolla fino alla radice, la divisione e suddivisione delle linee generali, si potranno cogliere con facilità in ciascuno degli ornamenti illustrati.
Schemi a riquadri. L’ornamento n. 1, tavola XLII, esemplifica bene il principio a noi caro, secondo il quale, per produrre un effetto di quiete, le linee di una composizione devono essere equamente ripartite in diritte, inclinate e curve. Abbiamo qui linee che corrono in senso orizzontale, verticale e diagonale, contrastate da cerchi in direzioni opposte. Ne risulta così la quiete più assoluta, la tendenza dello sguardo a spostarsi in una direzione viene subito corretta da linee che gli imprimono la direzione opposta, e qualunque pattern lo colpisca, lì lo sguardo si soffermerà. Il blu che fa da sfondo a iscrizioni, pannelli ornamentali e centri, interferendo con lo sfondo rosso grazie alle piume blu, produce un effetto quanto mai allegro e brillante.
Le linee-guida degli ornamenti nn. 2-4, tavola XLII e XLII* sono strutturate in modo analogo agli ornamenti intrecciati alla tavola XXXIX. Nei nn. 2 e 4 si vede come la quiete del pattern derivi dalla combinazione degli sfondi colorati; e come, inoltre, un pattern aggiuntivo a quello dato dalla forma possa essere dato dalla combinazione dei colori.
Il pattern n. 6, tavola XLII†, è il particolare di un soffitto, di cui l’Alhambra presenta una immensa varietà, costituito dalla suddivisione del cerchio in parti tagliate da quadrati che lo intersecano. Lo stesso principio vige nella copia del Corano miniato alla tavola XXXIV, ed è molto comune anche nei soffitti delle case arabe.
L’ornamento n. 5, tavola XLII†, è di estrema delicatezza, ed è notevole per l’ingegnoso sistema con cui è costruito. Coi suoi elementi tutti simili fra loro, illustra uno dei principi più importanti nel disegno moresco, quello che, forse più di ogni altro, ha contribuito al buon risultato generale, è cioè che gli effetti più belli e complessi si ottengono ripetendo pochi, semplici elementi.
Per quanto ci si rifiuti di prenderne atto, tutta l’ornamentazione dei Mori è costruita geometricamente. La loro inclinazione per le forme geometriche è evidenziata dal massiccio uso che essi fanno del mosaico, in cui la loro immaginazione si esalta. Per quanto complicati sembrino i pattern della tavola XLIII, essi diventano assai semplici non appena si è compreso il principio in base al quale li si è composti. Tutti nascono dall’intersezione di linee equidistanti attorno a centri prefissati. Il n. 8 è costruito sul principio, già citato, del diagramma n. 2, ed è il principio che produce la maggior varietà, tant’è che le combinazioni geometriche di questo sistema sono praticamente infinite.
In alto: Henry Wyndham Phillips, Ritratto di Owen Jones (particolare), 1856, olio su tela, London, The Royal Institute of British Architects; doppio schema grafico tratto da O. Jones, The Grammar of Ornament, London, Quaritch, 1910, p. 73; The Grammar of Ornament, tav. XXXIX, particolare coi nn. 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 14; The Grammar of Ornament, tav. XLI, nn. 8, 4, 7. Sotto: The Grammar of Ornament, tav. XLI*, nn. 17, 15.