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L’Idea del Centro

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La Decorazione è la cristallizzazione primaria di una cultura, e su di essa ogni civiltà poggia tutte le azioni successive, artistiche e non. In senso antropologico, per cultura s’intende quel complesso d’informazioni, non innate e che l’uomo deve quindi necessariamente apprendere, per potersi inserire in uno specifico gruppo sociale e sopravvivere in un determinato ambiente. È la cultura che consente all’uomo, e solo all’uomo, di affrontare e risolvere i problemi di sopravvivenza attraverso la produzione di manufatti. Tali manufatti scaturiscono da una funzione generale (per esempio, raccogliere il cibo) e vengono realizzati con una funzione propria (ciotola, pentola o altro). Ma è poi sulla loro funzione civile che si giocano le loro possibilità di utilizzo, come quando per esempio si afferma: «Questa ciotola è brutta!… La userò per il cane!». Con la generica definizione di “brutto” s’intende, in realtà, ciò che è “indecoroso”, ovvero manca dei requisiti estetici basilari condivisi entro un determinato gruppo sociale. Da qui il diffuso equivoco che identifica il decorare come un “abbellire”, mentre in realtà una cosa decorosa non è necessariamente bella, e viceversa.

Contrariamente al mitologema modernista, quindi, il problema della forma di un manufatto non si dà nel suo utilizzo, ma nella sua esibizione pubblica. Raccogliere il cibo è cosa semplice, e se il problema fosse tutto qui useremmo ancora ciotole uguali a quelle neolitiche, senza avere alle spalle una storia della ceramica che ha declinato questa prima forma funzionale in infinite varianti stilistiche. Una storia che ci insegna, ad esempio, che quello stesso piatto in stile Rococò che era esibito con enfasi nelle dimore settecentesche, veniva poi nascosto, quasi con vergogna, nelle case novecentesche. Il senso dell’affermazione iniziale consiste proprio in questo: ogni cultura si “cristallizza”, cioè determina gli archetipi formali che la identificano, attraverso l’idea di decoro che conferisce ai propri manufatti. Ma se la forma originaria dell’oggetto deriva dalla sua funzione propria (contenere il brodo), da dove scaturisce invece la forma (ossia le volute rococò) che assolve alla sua funzione civile? Come funziona il processo?

Un esempio concreto ci aiuta più di molte parole nel portare luce sulla questione. L’occasione ci è fornita da uno splendido libro dell’artista, studioso e architetto inglese Keith Critchlow, Islamic Patterns 〈1〉. Il libro si apre visualizzando il principio metafisico da cui scaturisce tutta l’arte islamica, cioè l’irradiazione del punto. Dal “punto metafisico” inteso come simbolo di “unità” e di “origine”, attraverso una serie di movimenti irradianti nello spazio, si genera la circonferenza, simbolo della “manifestazione universale”. In generale, si può dire che questi schemi introduttivi proposti da Critchlow rappresentino in modo esemplare il principio metafisico di base che era comune ad ogni cultura umana, prima che il Moderno imponesse i propri dogmi “eccentrici”.

La circonferenza con il centro in evidenza è un simbolo, oltreché un motivo decorativo, presente in tutta la storia dell’umanità, dal vasellame neolitico alla concezione cinese di Yin e di Yang, arricchendosi di significati sempre più complessi. Come tale esso viene accolto nella metafisica islamica, e giustamente Critchlow lo pone come nozione basilare prima di accingersi allo studio dell’arte di quella civiltà. Non vogliamo andare oltre in questa direzione, ma ci permettiamo di rinviare ad un nostro libro, Il Settimo Raggio 〈2〉, che, pur essendo dedicato ad Andrea Palladio, di fatto affronta per esteso l’intera questione.

Ciò che ci interessa invece analizzare in questa sede, proprio per il suo valore di esemplarità, è un disegno proposto da Critchlow più avanti nel suo testo. Si tratta di una “rosa” ottenuta grazie alla sovrapposizione di dieci pentagoni regolari disposti circolarmente. Niente di complicato, solo un esercizio propedeutico al disegno geometrico, uno di quelli che venivano probabilmente insegnati nelle molteplici scuole ornatistiche islamiche perché griglie-base di infinite composizioni successive. Nessun significato simbolico o esoterico quindi, ma solo un inquietante enigma tecnico. Come si disegna una simile figura?

Se si parte dal pentagono regolare per cercare di comporne dieci disposti in cerchio, non c’è via di uscita: a fronte di sforzi notevoli si ottengono sempre risultati fallimentari. Critchlow ci dà la chiave dell’enigma: si parte dal centro! Si tracciano cioè due pentagoni regolari opposti fra loro in modo da ottenere una stella decagonale. Dopodiché, l’inclinazione dei lati dei pentagoni e le punte della stella faranno da guida e da riferimento per tutte le costruzioni pentagonali successive, che andranno a formare l’intera “rosa”. Tuttavia, questa costruzione non è di per sé sufficiente a risolvere il problema: è necessario che vi sia anche una struttura che, successivamente, ne consenta la componibilità nello spazio. Critchlow non affronta questo ulteriore aspetto, ma ce ne occuperemo noi.

Non c’è dubbio: la figura geometrica-limite entro la quale la ghirlanda di rose deve integrarsi ed armonizzarsi per poter poi essere ripetuta come pattern è il quadrato. Abbiamo dunque un punto metafisico – il Centro – dal quale si manifesta una stella, che a sua volta genera una “rosa”, racchiusa in una matrice quadrata che ne rappresenta il limite. Quella che abbiamo appena riassunto è una ricetta tecnica e, contemporaneamente, un postulato metafisico. Se ne deduce come non sia possibile risolvere il problema tecnico – chiusura a cerchio della “rosa” e connessioni del pattern – se non si seguono passo dopo passo i dettami fondamentali della tradizionale scienza metafisica, comuni ad ogni popolo, sotto ogni cielo. Il Moderno ha negato l’esistenza di tale scienza e, infatti, non è più stato in grado di ideare e gestire forme di questo tipo.

〈1〉 K. Critchlow, Islamic Patterns. An Analytical and Cosmological Approach, London, Thames & Hudson, 1983 (ed. or. 1976).

〈2〉 M. Lazzarato, Il Settimo Raggio ovvero l'Idea del Centro, Lendinara, EGS edizioni, 2007.

In alto: Keith Critchlow, Nasr (particolare), 1976, litografia, mm. 635 x 508, Londra, Tate Gallery. Sotto: rosa ottenuta con l'intersezione di dieci pentagoni ruotanti attorno a un centro (disegno di Marco Lazzarato, © Marco Lazzarato 2013).

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