Lo storico dell'arte Ernst Hans Gombrich (1909-2001) è autore di saggi fortunatissimi e sempre ristampati. Tra di essi Il senso dell'ordine, Einaudi, Torino 1984 (ed. or. 1979) spicca come studio specificamente dedicato all'arte decorativa. Da questo libro, nella nuova edizione italiana pubblicata da Phaidon Press nel 2010, antologizziamo un passo tratto dalle pp. 106-109. In questo brano, Gombrich dedica alcune considerazioni al mestiere del decoratore per l'architettura, così come le epoche passate l'hanno verosimilmente conosciuto. Una figura non di geometra o di matematico, come si potrebbe credere confrontandosi con una serie di competenze che oggi, purtroppo, in gran parte ci sfuggono. Piuttosto, un artista che affida le proprie intuizioni ad un'arte del disegno limpida e ragionata, che sa coniugare l'emotività con l'intelletto, che all'esternazione personale antepone l'espressione di un sé collettivo, storico.
Una collezione di disegni nel Victoria and Albert Museum, posseduta un tempo da un decoratore persiano ottocentesco, Mirza Akbar 〈1〉, comprende un rotolo legato in cuoio che l’artigiano poteva facilmente portare con sé, come manuale. Esso contiene una serie di tredici quadrati, sulla superficie dei quali sono incisi il centro e alcuni assi, mentre varie linee sono poi tracciate a inchiostro. Possiamo vedere dov’è intervenuta la punta del compasso, e dove è stata applicata la riga. I disegni sono piuttosto semplici, ma potrebbero facilmente venir adattati o elaborati a seconda dell’occasione.
E’ improbabile che i proprietari di simili o più antichi manuali fossero grandi maestri, ma mentre dobbiamo ammettere che altri erano più fantasiosi e più abili, non vedo alcuna ragione per postulare che abbiano progettato i propri disegni da zero, soltanto sulla scorta delle leggi della geometria. Molto è stato scritto negli anni recenti circa le basi matematiche dell’arte islamica e i suoi possibili legami con la metafisica platonica, ma non vi è alcuna prova a suggerire che tali idee venissero discusse nelle botteghe artigiane. Una cosa è analizzare una configurazione complessa in termini geometrici, come ha fatto Speiser o come troviamo, su base più empirica, nel libro del 1879 dovuto a J.-B. Bourgoin, Les Eléments de l’Art Arabe: le Trait des Entrelacs 〈2〉, che classificava questi schemi a graticcio in funzione dei loro elementi; e cosa del tutto diversa è generare tali miracoli di complessità. Trovo meno probabile che gli iniziati a simili misteri fossero interessati alla loro classificazione, di quanto lo fossero invece a venire istruiti su come certi procedimenti con compasso, riga o corde conducessero a certi risultati. La necessità di progettare risultava ridotta in base alle lezioni dell’esperienza. Questa è la conclusione suggerita dalla tendenza al conservatorismo che la storia della decorazione condivide con quella delle altre arti. Sono tutte partecipi del ritmo della prova per errore, il processo darwiniano di mutazione e di sopravvivenza del più adatto. La cosa viene riassunta in modo eccellente da A.H. Christie nel suo libro Pattern Design, al quale tanto devo. «Il minimo mutamento in un pattern ne suggerisce altri, sia da realizzare subito da parte del medesimo operatore, sia in un qualche momento futuro da un altro operatore che può, per caso, riprenderne il filo. Così, nel corso delle età, un numero infinito di disegni apparentati, derivanti da una sola radice ideale, sono stati sviluppati logicamente, passo per passo, dagli sforzi unificati di molte menti…» 〈3〉. Abbiamo visto nel paragrafo precedente che cosa significhi per un ordine essere “elaborato”, e come l’elaborazione sia un processo che esige vuoi circospezione, vuoi, inoltre, un pizzico di fortuna. Se non fosse così, non avremmo giochi come i solitari con le carte, che pongono al giocatore il problema di giungere a uno schema definito di corrispondenze, affrontando una data serie di restrizioni. Cercando di rispondere a questa sfida spesso troviamo che ci manca la capacità di preveggenza necessaria a risolvere il problema senza creare ovunque ostacoli ulteriori. Comporre un pattern soddisfacente conduce necessariamente a difficoltà consimili. Il motivo che va ripetuto può disintegrarsi, in una sequenza, in modo assai simile a una parola, quando sia ripetuta. Scrivete la parola “art” [arte] su una linea ininterrotta e troverete che avete anche scritto “tart” [torta], “tartar” [tartaro]. Alcuni manuali di disegno mettono in guardia gli operatori contro simili infelici incidenti e lo esortano a verificare sistematicamente le ripetizioni per vedere che cosa accade su ogni lato a causa delle giunzioni. […]
È questo un tipo di consiglio che il maestro sperimentato può aver dato infinite volte all’apprendista prima che neppur si pensasse a creare manuali di disegno. Questo “come si fa” è infatti più indispensabile della conoscenza della geometria. I pattern emergono più spesso di quanto si pensi. Abbiamo notato, in un contesto diverso, che la critica della cosiddetta teoria materialistica dell’ornamentazione cade nel vuoto. Il problema non è se i pattern siano semplicemente dovuti a procedimenti tecnici come l’intreccio di lamine o di fili, ma piuttosto se tali tecniche suggerissero forme decorative. E senza alcun dubbio le suggerivano. Abbiamo visto la forza di tali suggerimenti trattando di processi come la connessione, o la realizzazione di volte. La decorazione dei tessuti offre una varietà ancora maggiore di esempi. Il produttore di pattern è sempre grato a linee geometriche guida, da utilizzare per le sue elaborazioni. La struttura che impiega come sostegno può spesso risparmiargli la fatica di disegnare e misurare. C’è un tipo di lavoro ad ago chiamato, caratteristicamente, “ricamo a fili contati”. Esso illustra a perfezione l’utilità di una griglia preesistente per la creazione di ulteriori connessioni. Se il supporto va creato contemporaneamente al pattern, come nel lavoro a maglia o all’uncinetto, la sequenza di movimenti va memorizzata o, preferibilmente, annotata, come nel lavoro a maglia moderno.
〈1〉 La collezione, consistente in due rotoli completi e in alcune decine di cartoni sparsi, venne acquistata da Sir Caspar Purdon Clarke, direttore del museo londinese, nel 1876, con ogni probabilità alla morte del decoratore-architetto di corte Mirza Akbar [ndr]. 〈2〉 J. Bourgoin, Les Éléments de l'Art Arabe: Le Trait des Entrelacs , Firmin-Didot, Paris 1879 [ndr]. 〈3〉 A.H. Christie, Pattern Design, Dover, New York 1969, ed. or. 1910 [ndr]. In alto: Ronald B: Kitaj, Ritratto di Sir Ernst H. Gombrich, (particolare), 1986, pastello e gessetto su carta, London, National Portrait Gallery. Sotto: Mirza Akbar, particolare di rotolo con schema preparatorio per decorazione, 1840-70, grafite e inchiostri su carta, Londra, Victoria and Albert Museum.