Cade in questo 2013 il centenario della morte dell’architetto, restauratore e decoratore Alfonso Rubbiani (1848-1913). La sua città, Bologna, lo ricorda con varie iniziative, tra cui il restauro della sua tomba, situata nell’abside della Basilica di San Francesco, e una mostra documentaria visibile fino all’11 gennaio 2014 alla Biblioteca dell’Archiginnasio. Nato nel 1848 e morto appunto nel 1913, Rubbiani è tra gli esponenti più notevoli in Italia del revival artigianale e decorativo, tra neomedievalismo ed eclettismo, che a cavallo tra i secoli XIX e XX si diffuse ovunque nel mondo occidentale, avendo il movimento inglese Arts & Crafts come battistrada. La manifattura artistica che lo stesso Rubbiani fondò a Bologna nel 1898, l’Aemilia Ars, fu appunto una sorta di versione italiana, raffinata e originale, del movimento britannico capeggiato da William Morris.
E’ facile liquidare oggi i restauri goticheggianti con cui Rubbiani fissò il volto della Bologna medievale – dal palazzo di Re Enzo alla già ricordata basilica di San Francesco – come fantasiosi e arbitrari. Sta di fatto che la città che Rubbiani ci ha consegnato è, anche grazie a lui, bella, straordinariamente vivibile, carica di memorie, per niente imbalsamata. Il restauro propugnato da Rubbiani è figlio della decorazione, cioè dell’arte pubblica, vivente, comunitaria per antonomasia. E così pure gli ornamenti e gli oggetti nati nel clima da lui propiziato. Ciò che poteva apparire retrivo nell’età delle prime avanguardie, è oggi un’indicazione preziosa da cui ripartire per riparare alle semplificazioni e agli eccessi disumanizzanti di cui i nostri spazi, sia privati che pubblici, pagano oggi le conseguenze.
In alto: Aemilia Ars (Alfonso Pasquinelli su disegno di Alfonso Rubbiani), Disegno di ricamo per il bordo di un manto, 1902, inchiostro su carta, Bologna, Museo Davia Bargellini. Sotto: Aemilia Ars, Motivo di pavone per tovaglia, matita e inchiostro su carta da lucido, 1900 circa, Bologna, Musei della città.