di Karl Blossfeldt, Karl Nierendorf
Le iconografie decorative hanno sempre attinto ai motivi fitomorfi. Basti pensare alle stilizzazioni del loto e della palma presenti negli apparati ornamentali di tante civiltà, o alle foglie d'acanto di cui si ornano i capitelli nell'ordine corinzio, o all'edera scolpita nei manufatti lapidei medievali. Nei secoli XIX e XX, dopo che l'Art Nouveau ebbe nuovamente richiamato l'attenzione sul tema, anche la fotografia recitò un ruolo importante, evidenziando i paralleli esistenti tra la struttura delle piante e gli artefatti umani. Un posto a sé stante nella fotografia di argomento botanico spetta alla raccolta firmata nel 1928 dal fotografo tedesco Karl Blossfeldt col titolo Urformen der Kunst (Forme originali dell'arte), titolo che si potrebbe anche tradurre come Forme archetipe dell'arte o, più esplicitamente, Archetipi dell'arte. Le immagini (120 tavole in totale, contenenti una selezione tra migliaia di fotografie realizzate dall'autore) uscirono per la prima volta in volume in quell'anno. Autore del testo introduttivo era Karl Nierendorf, titolare della galleria berlinese presso la quale Blossfeldt aveva esposto il proprio lavoro nel 1926. Nel 1929, Urformen der Kunst venne pubblicato in lingua inglese con il titolo Art Forms in Nature. Scultore, docente e fotografo, prima allievo, poi docente della Kunstgewerbeschule di Berlino, il tedesco Karl Blossfeldt (1865-1932) si era specializzato, a fianco del proprio maestro Moritz Meurer, in tecniche di lavorazione del metallo. Fotografo autodidatta, adottò una messa a fuoco estremamente nitida e ravvicinata, per analizzare minuziosamente le strutture del mondo vegetale e renderle trasferibili nel campo della grafica e della modellazione. A Urformen der Kunst seguì quattro anni dopo, nel 1932, una seconda raccolta di scatti, Wundergarten der Natur, mentre una terza, Wunder in der Natur, uscì postuma nel 1942. Mostre e libri fecero di Blossfeldt una figura influente nell'ambito della Neue Sachlichkeit, la tendenza artistica più in voga nella Germania degli anni '20 e dei primi anni '30, all'epoca della Repubblica di Weimar. Karl Nierendorf (1889-1947) fu, oltreché gallerista, finanziere ed editore attivo tra Colonia e Berlino, dove svolse un ruolo importante nella commercializzazione delle opere di maestri come Dix, Kandinskij e Klee. Nel 1937 emigrò negli Stati Uniti, continuandovi la propria attività galleristica. Alla sua morte, le opere d'arte di sua proprietà, tra cui ben 150 firmate da Paul Klee, vennero acquisite dal Guggenheim Museum di New York. Il testo di Nierendorf che qui pubblichiamo è un controcanto visionario, quasi mistico, alle fotografie di Blossfeldt, col loro bianco e nero contrastato, memore delle xilografie e dei bulini rinascimentali. In esso riecheggiano alcuni temi tipici dell'immaginario neopagano assai diffuso negli anni compresi fra due guerre mondiali: il culto della natura, del corpo e dell'attività sportiva, e una fiducia illimitata nel progresso tecnico. Vedi K. Nierendorf, Urformen der Kunst, in K. Blossfeldt, Urformen der Kunst, Galerie Nierendorf/Ernst Wasmuth Verlag, Berlin 1928, pp. III-VIII. La traduzione italiana appositamente realizzata per FD è di Georg Moser, che ringraziamo.
Arte e natura, le due grandi manifestazioni del mondo che ci circonda, sono così intimamente legate tra loro, che non si può pensare all’una senza l’altra, ridurle a una formula e a un’idea uniche. Per quanto infinitamente vario possa essere il regno delle forme minerali, animali e vegetali che crescono e muoiono con noi, esse sono governate da una legge rigorosa ed eterna di origine ultramondana, e obbediscono all’imperscrutabile “fiat” della creazione che le ha chiamate all’esistenza. Per migliaia d’anni, qualsivoglia forma data in natura non è stata che la continua ripetizione dello stesso processo, soggetto solo alle alterazioni dovute ai cambiamenti climatici o alle caratteristiche del suolo, che non interferiscono con la sua forma originaria. La felce e l’equiseto avevano già la loro forma attuale in epoche inconcepibilmente remote. Solo le loro dimensioni sono mutate con lo sviluppo dell’atmosfera del pianeta.
È il risultato dell’atto creativo, ovvero la modellazione di una forma originale, prodotta ex novo, e non la forma imitata o ripetuta, che distingue le opere d’arte da quelle di natura. L’arte promana dal più fresco e vigoroso impulso del momento, ne è l’espressione più chiara. Proprio come il tempo non ha alcun ruolo nell’esistenza di un filo d’erba che, simbolo delle leggi eterne e primordiali che governano la vita, appare monumentale e venerabile, così l’opera d’arte, proprio perché assolutamente unica nella sua pregnanza, è incontenibile, come un arco di luce posto a congiungere i due poli del passato e del futuro. Dal tempio assiro allo stadio dei giorni nostri, dal Buddha immerso nella meditazione al Pensatore di Rodin, dalla xilografia a colori cinese alla moderna lastra di rame, ogni creazione umana riflette lo spirito del tempo con tale precisione, che è facile coglierne l’epoca di esecuzione. Nella produzione artistica di ogni generazione, il rapporto con la natura, così come con Dio e con le scienze matematiche, è evidente come in un libro aperto. Quanto più saldamente l’oggi è sigillato in un’opera, tanto maggiore sarà il suo valore per l’eternità.
Se nel corso dei millenni l’uomo si limitasse a riproporre sempre lo stesso stile architettonico e la stessa forma d’arte, le sue realizzazioni somiglierebbero a quelle delle api e delle formiche, sarebbero cioè opere di natura in tutto e per tutto assimilabili ai complicati nidi di molte specie di uccelli, alla tela del ragno, al guscio della lumaca. Ma ciò che rende l’uomo superiore alle altre creature è quella capacità trasformativa, infusa di energia spirituale, che ha dato al cattolico del Medioevo e al suo mondo un’idea di costruzione totalmente diversa da quella, ad esempio, del greco di età classica. Come la natura, nel suo interminabile processo di ascesa e caduta, è l’incarnazione di un segreto ineffabile, così l’arte è una seconda, non meno misteriosa creazione, emanante dal cuore e dal cervello umano: una creazione che, dall’inizio dei tempi e di epoca in epoca, muove dall’anelito alla perennità e all’eternità, e dall’esigenza di fissare l’immagine spirituale della propria generazione – destinata a perdersi nel vortice del tempo – in forme lapidee, bronzee, lignee e pittoriche, immuni alla nascita e alla morte.
L’affermazione è valida per l’umanità d’oggi, come per quella di qualunque altra epoca. Assistiamo alla ribellione della gioventù moderna contro la schiavitù del materialismo e dell’intellettualismo dettati dall’incalzante progresso odierno, e al suo prepotente ritorno alla natura. A fare da tramite, necessità primaria avvertita in tutti i paesi del mondo, è lo sport. Entra in scena un nuovo tipo umano: un essere libero, che gode del sano esercizio fisico, vive in intimità con l’aria e con l’acqua, si abbronza al sole, per inoltrarsi in un mondo nuovo e più luminoso. I sacri e benefici poteri della luce, dell’aria e del sole gli sono familiari. Egli desidera compenetrare il proprio corpo coi raggi del sole, illuminare tutto il proprio essere e trasformare ogni fase della vita; in altre parole, giungere a un’unione attiva e immediata con la natura. Contemporaneamente, una nuova forma di architettura prende il posto delle buie caverne di pietra e, grazie a leggere pareti di vetro, spalanca vasti panorami che fanno un tutt’uno della casa e del giardino, con l’incredibile varietà resa possibile dalla produzione di nuove specie di fiori e dalla loro coltivazione scientifica. E ancora, oltre il giardino, l’automobile annulla la distanza tra città e campagna.
Rallentandone e accelerandone la proiezione, possiamo osservare su pellicola cinematografica l’espansione e la contrazione, il respiro e la crescita delle piante. Il microscopio rende visibili interi universi in una singola goccia d’acqua, e l’osservatorio astronomico ci dà modo di scrutare le infinite profondità dell’universo. La tecnica moderna ci fa entrare a più stretto contatto con la natura di quanto sia mai stato possibile, e grazie alle apparecchiature scientifiche possiamo gettare uno sguardo su mondi finora inaccessibili ai sensi. È proprio la tecnica a rendere disponibili nuove modalità di realizzazione artistica. Il detto secondo cui “le battaglie dello spirito si combattono sulla tela” era giustificato nel diciannovesimo secolo, la cui più alta espressione artistica erano i dipinti, ma oggi la battaglia si combatte col ferro, il cemento, l’acciaio e via dicendo, e con le onde luce e radio. Architettura, infrastrutture meccaniche, automobili, aerei, e così pure cinema, radio e fotografia, offrono possibilità artisticamente elevate, e innumerevoli indizi lasciano capire che il trionfo della tecnica tante volte deplorato non è la vittoria della materia, ma il manifestarsi in forme nuove dell’anelito creativo.
Non è quindi casuale, in questo momento, l’uscita di un’opera che, grazie all’ingrandimento fotografico di singoli dettagli di piante, mostra la relazione, mai rappresentata sinora con tale chiarezza, fra arte e natura. Il professor Blossfeldt, architetto e docente della Kunstgewerbeschule di Berlino, ha documentato in centinaia di fotografie di piante non ritoccate o manipolate ma, semplicemente, più o meno ingrandite di scala, lo stretto rapporto tra le forme prodotte dall’uomo e quelle esistenti in natura.
La selezione che segue comprende 120 lastre tratte da questo ricco materiale, e ognuna di esse rivela l’unità del pensiero creativo in natura e in arte, dandone dimostrazione con la positiva evidenza della lastra fotografica, dunque in modo ancor più convincente. E poiché a dedicare la propria vita a questo compito è stato un uomo dalle grandi qualità, all’artista che vorrà avvicinarsi alla natura con l’aiuto dell’occhio fotografico, verrà dispiegato un mondo che racchiude tutte le forme degli stili passati, dalla tensione drammatica al riposo austero, fino all’ispirazione lirica più profonda. La volubile delicatezza di un ornamento rococò, l’eroica severità di un lampadario rinascimentale, i viticci misticamente aggrovigliati dello stile gotico fiammeggiante, i nobili fusti delle colonne, le cupole e le torri dell’architettura esotica, i pastorali episcopali dorati, le ringhiere in ferro battuto, gli scettri preziosi, tutte queste forme ritrovano il loro primo progetto nel mondo vegetale. Persino la danza – un corpo umano cresciuto ad arte – trova il suo prototipo in un bocciolo, con il suo movimento toccante e innocente e l’espressione del più puro sforzo psichico, un’apparizione onirica che discende dal regno delle visioni nelle regioni fiorite del nostro mondo terrestre. L’immagine di un piccolo germoglio che si schiude (tav. 96) testimonia con chiarezza l’unità di forma vivente e forma plasmata; la danza, che in natura non è che accadimento casuale, diviene arte grazie alla ripetizione del movimento corporeo, secondo regole fisse e in misure rigorosamente definite. Essa strappa al flusso evolutivo quel movimento che non può essere reso durevole se non reiterandolo costantemente: e mentre il germoglio di una pianta assume quella forma atemporale che è per noi l’archetipo di qualunque corpo vivente, per poi dispiegarsi, la danza perpetua l’espressione psichica e di lì la fa progredire fino alla compiuta atmosfera dell’arte.
Molteplici sono le fasi della vita, e così pure le trasformazioni subite dall’uomo. È confortante nella sua letizia, ben al di là dell’esperienza estetica, il dover riconoscere che le forze creative nascoste, alle cui fluttuazioni siamo soggetti in quanto esseri creati dalla natura, governano ovunque, con la stessa imparzialità e autorità, sia le opere prodotte da ogni generazione come esemplari della propria esistenza, sia le creazioni più deperibili e delicate della natura.
Se le incisioni su rame raccolte in quest’opera riusciranno finalmente a dare un’illustrazione efficace di quelle relazioni che, nel piccolo come nel grande, emergono con sempre maggiore chiarezza, ne verrà un contributo alla soluzione del compito più importante che oggi ci attende: ossia, cogliere il significato ultimo della nostra epoca, che mira a riconoscere e realizzare una nuova unità in tutte le sfere della vita, dell’arte e della tecnica.
Homepage: edizione originale del libro di Karl Blossfeldt, "Urformen der Kunst", Galerie Nierendorf/Ernst Wasmuth Verlag, Berlin 1928.
Sotto: Karl Blossfeldt, Fiore di papavero, a) ingrandito 6 volte, b) ingrandito 10 volte. Fotografie riprodotte in "Urformen der Kunst", tavola 104 (publicdomainreview.org).