di Cesare Ripa, Giovanni Zaratino Castellini
Subito dopo la ékphrasis (ossia la descrizione) del Decoro, l'epigrafista ed erudito Giovanni Zaratino Castellini dà ragione dei vari attributi dell'allegoria da lui redatta per l'edizione 1613 dell'Iconologia di Cesare Ripa, iniziando da quelli anagrafico-fisionomici (si tratta di un uomo giovane e bello), per passare poi al primo dei capi d'abbigliamento che la ricoprono, la pelliccia di leone. Ciascun elemento è fedelmente riprodotto nell'immagine abbinata al testo di Castellini. Egli scrive in modo minuzioso e ripetitivo, accumulando nozioni su nozioni, senza alcun abbellimento stilistico. Il lettore che avrà la pazienza di seguirlo, potrà farsi un'idea della cultura antiquaria di età rinascimentale e barocca, e del metodo indiziario seguito dagli intellettuali e dagli artisti dell'epoca per elaborare immagini, sia concettuali che visive, dense di significati e capaci di parlare in nome di una tradizione, di una civiltà, di un universo culturale complesso. In questo quadro, la nozione di Decoro appare centrale, quasi la somma di varie altre virtù, più note e analizzate dagli studiosi, già apparse nelle precedenti edizioni dell'Iconologia. Nella persona del Decoro sono infatti riunite le ragioni etiche e quelle estetiche, il retto operare e le buone maniere attraverso le quali esso si manifesta e acquista credibilità. Vedi C. Ripa, Iconologia, Eredi di Matteo Florimi, Siena 1613, pp. 171-173.
È giovane bello perché il decoro, e ornamento della vita humana, è honesto, perché il decoro sta sempre unito con l’honesto: impercioche il decoro si come dottamente discorre Marco Tullio nel primo degli offitij 〈1〉 generalmente si piglia per quello, che in ogni honestà consiste: & è di dua sorti, perché a questo decoro generico ve n’è soggetto un altro, che appartiene a ciascuna parte de l’honestà. Il primo così difinir si suole. Il Decoro, è quello, che è conveniente all’eccellenza dell’huomo, in quello, che la natura sua da gli altri animali differisce. L’altra parte, che è soggetta al genere, così la difiniscono. Il Decoro è quello, il quale è così conveniente alla natura, che in esso apparisca la moderatione, è temperanza, con una certa maniera nobile, civile, e libera. Sì che il decoro diffusamente si dilata in ogni cosa, che appartiene a l’honesto generalmente, & particolarmente, in ogni sorte di virtù; impercioche, si come la bellezza del corpo con proportionata compositione de membri, alletta, & muove gli occhi, & per questo stesso diletta, perché fra sé tutte le parti con una certa grazia convengono, & corrispondono, così il Decoro, che nella vita riluce muove l’approbatione di coloro co quali si vive con ordine, costanza, & moderatione d’ogni detto, & fatto: dal che si raccoglie, che il Decoro si osserva nel parlare, & operare honestamente, & considerare ciò che si convenga seguire, & sfuggire, seguenti le cose giuste, & honeste, come buone, & convenienti, sfuggonsi le ingiuste, & dishoneste, come cattive, & inconvenienti, contrarie al decoro, & a l’honesto, il qual nasce, da una di queste parti; o dal riguardo, & diligente osservanza del vero, ò dal mantenere la conversatione humana, & il commercio dando il suo a ciascuno, secondo la data fede, ne le cose contrarie, o da la grandezza, & fortezza d’animo eccelso, & invitto in ogni cosa, che si sa, & si dice con ordine, & modo, nel quale vi è la modestia, la temperanza; & ogni mitigatione di perturbatione di animo, nelle quali cose si contiene il decoro, la cui forza è, che non si possi separare dall’honesto, perché quello, che è conveniente è onesto, e quello, che è onesto è conveniente. Onde Marco Tullio disse. Hoc loco continetur id quod dici latine Decorum potest, græce enim (tò prepon) dicitur, huius vis est ut ab honesto non queat separari; nam & quod decet honestum est, & quod honestum est decet. Più a basso soggiunge. Et iusta omnia decora sunt iniusta contra, ut turpia sic indecora. Similis est ratio fortitudinis, quid enim viriliter animoque; magno fit, id dignum viro, & decorum videtur: quod contra id ut turpe, sic indecorum 〈2〉. Per dimostrare questa grandezza, fortezza, & eccelsa virtù d’animo, che il decoro richiede, l’habbiamo figurato con la pelle di leone adosso, atteso che gli antichi presero la pelle di leone per simbolo del valore de la virtù, & fortezza d’animo, la quale assegnar soleano a quelli, che avessero osservato il debito decoro, & si fossero mostrati generosi, forti, & magnanimi, perciocche tutto quello che si fa virilmente, & con animo grande, quello pare degno d’huomo che osservi il decoro, per il contrario privo di decoro è colui che vive effeminatamente, senza costanza, & grandezza d’animo. Bacco tenuto da Orfeo per simbolo del divino intelletto, in Aristofane 〈3〉 porta addosso la pelle del leone, Hercole il più virile, & virtuoso degli Argonautici, va sempre involto nella pelle del leone, Aiace primo Capitano di Greci dopo Achille, prese anch’egli per suo Decoro la pelle del leone, & dicono, che in quella parte ch’era coperto di detta pelle, non poteva esser ferito, dove era scoperto poteva essere ferito, al che si può dare questo bellissimo significato, che l’huomo in quelle attioni nelle quali si porta con decoro, non può esser tocco da punture di biasimo, & ignominia, ma ne le attioni nelle quali senza Decoro si porta, patisce punture di biasimo, & ignominia, che persino al cuore gli penetrano, come ad Aiace, il quale fin che si portò virilmente con decoro, ne le sue imprese, non venne mai a sentire biasimo alcuno, ma a riportar lode grande; biasmo grandissimo poi gli fu dato, quando buttò giù la pelle del leone, cioè la fortezza dell’animo dandosi in preda alla disperatione senza decoro. Oltre di ciò habbiamo involto il decoro nella pelle di leone, perché sì come questo animale in quanto al corpo è il più ben composto, & perfetto degli altri, così in quanto a l’animo, non ci è chi osservi più il decoro di lui, perché è liberale, magnanimo, amator di vittoria, mansueto, giusto, & amante di quelli con quali conversa, sì come dice Aristotele nella fisognomica cap. 8 & nel lib. 9 cap. 44 de gl’animali 〈4〉 dice che non è sospettoso, ma piacevole, festevole, & amorevole con suoi compagni, & famigliari. Non s’adira mai con l’huomo se non è offeso, è ragionevole nel punire se piglia uno che gli habbia dato noia leggiera, non lo lacera con l’unghie, lo scossa solamente, & come gli ha messo paura lo lassa andare: ma cerca sì bene punire gravemente, chi lo ha percosso, & ferito con dardi, o spiedi. Da Eliano per autorità di Eudomo 〈5〉 si comprende, che gli dispiaceno gli oltraggi, & parimente li punisce: poi che narra Eliano, che furono da uno allevati insieme un Leone, un’Orsa, & un Cane, i quali vissero lungo tempo senza alcun contrasto domesticamente: ma l’orsa un giorno adiratasi lacerò il cane; il leone veduta l’ingiuria fatta alla compagnia, non poté patire simile oltraggio, onde egli fece impeto contra l’orsa, la lacerò, & come giusto Re a morte la punì. Plinio 〈6〉 riferisce, che è animale grato, & ricordevole de’ beneficij, che è clemente, & perdona a chi gli si humilia, mostra sempre nobiltà, et generosità d’animo, & se mai è costretto da moltitudine de cani, & cacciatori a cedere, non si mette subito avanti gli occhi loro in fuga, parendoli di rimetterci di reputatione, come cosa fuor d’ogni decoro inconveniente a un generoso Rè par suo, ma in bel modo passo a passo si ritira, & di quando in quando per mantenere il decoro siede in mezo del campo s’arma contro loro, & mostra di sprezzarli fin tanto, che trovando qualche macchia non veduto da niuno con veloce fuga s’asconde, & s’imbosca altre volte, come discreto s’occulta non perché tema, ma per non mettere timore, e terrore ad altri, & insomma osserva il decoro da Principe, & Rè in ogni parte; et questo sia detto circa il decoro dell’operare; venghiamo ora al decoro del parlare.
〈1〉 Castellini si riferisce al libro I del De Officiis di Marco Tullio Cicerone [ndr]. 〈2〉 «In questa parte è compreso anche quello che in latino si chiama decorum e che in greco si dice prèpon. Essa è tale per sua intima natura che non può separarsi dall'onesto: poiché ciò che è decoroso è onesto e ciò che è onesto è decoroso [...] e così ogni azione giusta è decorosa, e ogni azione ingiusta, com'è disonesta, così è anche indecorosa. Allo stesso modo si comporta la fortezza: tutte le azioni generose e magnanime appaiono degne dell'uomo e informate al decoro; le azioni contrarie, invece, come sono disoneste, così offendono il decoro». Marcus Tullius Cicero, De Officiis, liber I, 93-94 [ndr]. 〈3〉 Castellini si riferisce alla commedia di Aristofane Le rane e al suo protagonista, il dio del teatro Dioniso, Bacco nella cultura latina [ndr]. 〈4〉 Castellini si riferisce alla Fisiognomica, trattato greco (300 a.C. circa) attribuito ad Aristotele ma probabilmente non autografo, e alla aristotelica Historia Animalium, risalente a qualche decennio prima [ndr]. 〈5〉 Claudio Eliano (165/170-235 d.C.), scrittore latino in lingua greca autore di un trattato in diciassette libri Sulla natura degli animali. Eudemo (non Eudomo, come scrive Castellini) da Rodi, vissuto tra il 350 e il 290 a.C. circa, filosofo e scienziato greco, possibile fonte di Eliano [ndr]. 〈6〉 Castellini si riferisce al libro VIII della Naturalis Historia di Plinio il Vecchio [ndr]. Homepage: "Decoro", elaborazione grafica dalla tavola illustrante l'"Iconologia" di Cesare Ripa nelle edizioni 1618 e 1625 (Tozzi, Padova), e 1630 (Pasquardi, Padova). Sotto: riproduzione delle pagine 171-173 del libro di Cesare Ripa, "Iconologia", Eredi di Matteo Florimi, Siena 1613.(www.archive.org).