di Diego Maria Cappiello
Talvolta conflittuale, talvolta collaborativo, il rapporto fra arte e progresso tecnologico è probabilmente antico come la civiltà stessa. Negli ultimi decenni non c’è stato settore nelle arti visive che non abbia dovuto fare i conti con la rivoluzione elettronica in tutte le sue forme: dal personal computer casalingo alla digitalizzazione aziendale, dalla fotografia digitale alla progettazione vettoriale. Negli ultimissimi tempi, hanno guadagnato il centro della scena le intelligenze artificiali (IA) generative. In realtà esse esistono ed operano da circa vent’anni, e la loro prima teorizzazione risale ancora più indietro nel tempo 〈1〉.
Tuttavia, il loro recente e repentino perfezionamento (verificatosi soprattutto negli ultimi due anni), ha richiamato l’attenzione del pubblico internazionale, specialistico e non, sulle opportunità e i pericoli di questa rivoluzione tecnologica. Una rivoluzione che sta avendo un impatto molto considerevole sui mercati, i mezzi di produzione e la cultura, e sull’arte stessa, intesa come prodotto di abilità specificamente umane.
Nell’ampia gamma di proposte di IA pensate in funzione creativa, non è facile determinare l’effettiva aderenza del mezzo al mestiere del decoratore. La possibilità di generare un buon concept in pochi secondi e con pochi comandi, può sicuramente ingenerare interrogativi e timori nel campo della grafica e dell’illustrazione. Ma quando si parla di decorazione, la funzionalità contestuale e la traducibilità pratica e produttiva di un’idea sono fatti indiscutibili, cosicché, almeno per ora, è impensabile che l’IA possa spingersi oltre lo sbozzo dell’intuizione di partenza. All’inizio, per chi, come me, ha sempre usato la tradizionale matita come mezzo di stesura, provare a integrare le IA nella progettazione non è stato facile, nonostante la crescente confidenza maturata con i linguaggi digitali. Tuttavia, dopo essere passato attraverso molti tentativi ed errori, ora non posso fare a meno di un mezzo tanto utile quanto a tratti – devo ammetterlo – inconcludente.
Senza andare troppo a fondo nei dettagli tecnici, si può affermare che un’IA genera immagini utilizzando modelli di apprendimento avanzati, allenati su una banca dati visiva molto ampia, per creare nuove immagini – simili a quelle già in dotazione ma originali – basandosi su complessi pattern e relazioni logiche. Questi modelli sono in grado di generare nuove rappresentazioni visive, a partire da input casuali come da comandi mirati. Naturalmente, l’“intelligenza” delle IA è determinata in gran parte dai database su cui vengono allenate. Questo significa, data la dimensione delle IA generative attuali, che la maggior parte di esse sono allenate su immagini appartenenti a ogni ramo dell’arte (periodo storico, stile, artista…), tutte liberamente attingibili.
Cominciamo dai vantaggi. Primo fra tutti è l’efficienza e la velocità data dalla potenza di calcolo, che permettono all’IA di produrre svariate opzioni di design, e di ogni tipologia, in tempi record. Ciò significa che, in quanto artista, posso concentrarmi maggiormente sull’affinamento delle idee e sulle scelte compositive, risparmiando tempo prezioso e risorse. L’IA, inoltre, non è uno strumento meramente passivo, ma contribuisce attivamente al processo, come un valido assistente creativo. Vi è poi da osservare che anche l’IA più precisa tende spontaneamente a generare elementi ulteriori, non preventivati dall’utente, stimolando in tal modo l’ispirazione e, quindi, la sperimentazione di nuove possibilità. Infine, grazie alla capacità di esplorare vasti spazi creativi, l’IA incoraggia il progettista a uscire dagli schemi convenzionali. Questa libertà esplorativa può condurre a soluzioni inaspettate e uniche.
Veniamo agli svantaggi. Il primo fra tutti, e di natura estremamente pratica, è l’incapacità dell’IA di interpretare correttamente la funzione dell’elemento in corso di progettazione. Si vedano ad esempio le immagini di scacchi (realizzate con la piattaforma Midjourney) che illustrano questo articolo: pur essendo interessanti nella forma, i pezzi sono impraticabili sulla scacchiera, a causa della doppia cromia. L’IA utilizzata ha avuto infatti non pochi problemi a scindere i neri dai bianchi, apparendo profondamente disorientata di fronte a un’alternativa tanto banale. In termini propriamente estetici, invece, è forte il rischio di incorrere in soluzioni banali e ripetitive. In altre parole, vi è la concreta possibilità che determinati stili o tendenze dominanti, vengano perpetuati in modo eccessivo, causando una perdita di originalità e un eccesso di progetti simili l’uno all’altro. La creatività umana, capace in quanto tale di rompere gli schemi e abbracciare l’inaspettato, rischia di essere soffocata da una produzione eccessiva e omologata. L’IA può quindi incorrere in problemi di overfitting, ovvero la tendenza a generare immagini basandosi esclusivamente sui dati di partenza su cui l’IA è stata addestrata, senza introdurre elementi nuovi e inaspettati. Questo limite può fatalmente indurre l’artista a progettare in modo eccessivamente “sicuro” e poco innovativo.
In questo momento, e nello specifico della decorazione – un campo delle arti caratterizzato per definizione dalla cura dei dettagli applicata nello spazio – i vantaggi che le IA possono garantire alla produttività dell’artista sono potenzialmente enormi: grazie ad esse, diventa raggiungibile una capillarità e complessità di definizione, prima impensabile in tempi così brevi. Tuttavia, la lettura parziale degli elementi, il rischio di ripetitività e la generale tendenza al sovraccarico visivo, rendono l’IA un’arma a doppio taglio, né più né meno di qualunque altro strumento di cui il professionista deve sapersi servire in modo oculato e consapevole.
Allo stato attuale delle conoscenze, mi sento di affermare quanto segue. È vero che la maggior parte delle intelligenze artificiali in commercio non ha né un database, né il relativo allenamento, pensati in funzione della composizione strettamente decorativa. Ma i risultati raggiunti fin qui lasciano presagire, nel giro di pochi anni o addirittura mesi, esiti largamente positivi. Forse più di ogni altra forma d’arte, la decorazione si basa su archivi e formule, e ciò ne fa un’interlocutrice ideale per delle ipotetiche IA dedicate. Tuttavia, anche se le intelligenze artificiali diventassero il nuovo standard progettuale, data la loro natura sarebbe difficile immaginarle competitive senza un progettista sapiente nell’imbrigliarle, piegandole a un intento preciso e coerente.
〈1〉 Indicazioni bibliografiche: 1) J. Shane, You Look Like a Thing and I Love You: How Artificial Intelligence Works and Why It's Making the World a Weirder, Voracious Books, Boston 2019; 2) M. du Sautoy,The Creativity Code: Art and Innovation in the Age of AI, Harvard University Press, Cambridge (Massachussets) 2019; 3) O. Theobald, Generative AI Art: A Beginner’s Guide to 10x Your Output with Smart Text Prompts, Amazon 2023. Il primo è un testo brillantemente divulgativo, che introduce le IA a un ampio pubblico. Il secondo, di ampio respiro e di carattere più analitico che pratico, tratta del mezzo in sé: è il punto di vista di un matematico sulla capacità d'assistenza delle IA negli ambiti creativi. Il terzo è un testo tecnico ma scorrevole, ideale per apprendere le basi dell'arte generativa: confronta i principali modelli di IA e anche il metodo incrociato (generatori di testo utilizzati per generare immagini, come proposto in questo articolo). Homepage: Pompeo Borra, Cavalieri (particolare), olio su tela, 1948, Modena, Museo Civico (phptp credits Paolo Pugnaghi/Museo Civico di Modena). Sotto: rendering di scacchi ridisegnati dal concept generato con IA.