Secondo la retorica latina, da cui il termine è desunto, si indicano con ornatus le figure retoriche necessarie ad abbellire e a sostenere (nel senso di difendere) un’orazione altrimenti sciatta e poco convincente, quindi inefficace. Pensare che le altre arti siano prive di ornamento è un errore marchiano. Anche in musica – per restare all’esempio beethoveniano caro a Loos – i contrappunti, gli arrangiamenti e molti altri artifici sonori hanno il compito di rendere coinvolgente, cioè ornare, un tema altrimenti banale. Quando parla di ornamento Loos non sa quello che dice, e non va oltre il superficiale luogo comune dei motivi floreali “applicati” a qualche mobile secessionista.
Le conclusioni che egli trae sarebbero solo ridicole se altri non le avessero riprese e utilizzate per legittimare azioni aberranti, testimoniate dagli eventi storici immediatamente successivi. Se nell’uomo moderno l’«individualità ha una forza talmente enorme che essa non può più essere espressa dagli abiti che egli indossa», ma, a quanto pare, neanche dalle sue abitazioni, perché «l’assenza di ornamento è una prova di forza spirituale», verso quali cose concentrerà il proprio spirito inventivo un superuomo così enormemente individualista e spiritualmente forte? Verso i campi di sterminio? Verso l’invenzione di ordigni nucleari? Verso il genocidio scientifico di interi popoli ritenuti in ritardo, quindi sub-umani, perché di colore o cultura diversa dall’aureo modello del WASP (White Anglo-Saxon Protestant) o del proletario?
Nostro fine era l’analisi delle tesi di Loos. Le conclusioni, a questo punto, ognuno può trarle da sé.
In alto: Angelo Biancini per Ceramiche Laveno, Maschera, 1935, h cm 21. Sotto: Angelo Biancini per Ceramiche Laveno, Vaso con decorazione figurata, 1937 circa, h. cm 43.