Nel campo della decorazione per l’architettura, la figura maschile scolpita nell’atto di sostenere un elemento che grava sulle sue spalle (trabeazione, mensola, colonna o altro), prende il nome di telamone, dal mitologico Telamone, uno degli argonauti che affiancarono Eracle nelle sue imprese. Nella stessa accezione si utilizza anche il nome di Atlante, il titano che Zeus volle punire facendogli sorreggere la volta celeste. I riferimenti all’immaginario greco-romano hanno plasmato la concezione di questo ornamento architettonico in Occidente. Ma in tutte le culture del mondo, dall’Africa subsahariana all’Oriente estremo all’America precolombiana, la figura in posizione eretta, seduta o accovacciata (spesso anche femminile, nel qual caso la si denomina cariatide o canèfora) è frequente non solo in architettura, ma anche in oggetti mobili come sedili e piedistalli. Essa ha avuto grande fortuna anche in versione pittorica, nella decorazione trompe-l’oeil di interni di edifici civili e religiosi. Al centro della fotografia qui riprodotta, spicca un telamone facente parte del bema, ossia il palcoscenico, del Teatro di Dioniso, costruito alle pendici dell’Acropoli di Atene nel V secolo a.C., ma ristrutturato in questa forma molto più tardi, in epoca romana. Qui la figura del telamone si ibrida con quella di un satiro – sodale del dio Dioniso cui il teatro è dedicato – assumendo un atteggiamento dolente, quasi caricaturale, che si ritroverà nell’espressionismo dei telamoni raffigurati nei protiri e negli amboni delle chiese medievali. Le sculture del bema erano state prelevate da altri monumenti, presumibilmente in età adrianea o antonina, per rilavorarle e adattarle al fronte della scena teatrale. La fotografia fu scattata dall’architetto e teorico francese Lucien Magne (1849-1916) nel 1894-95, poco dopo le campagne di scavo che avevano riportato alla luce il sito.
In alto: Arte romano-ellenistica, Telamone-satiro (al centro) attorniato da scene della vita di Dioniso, marmo, secolo II d.C., Atene, Teatro di Dioniso, foto © Ministère de la Culture (France), Médiathèque du patrimoine et de la photographie, diffusion RMN-GP.