Gli uffici decorativi della pittura, così come testimoniati dalle fonti, sono molto più numerosi e variegati di quelli tramandati dalla storia dell'arte istituzionale, attenta soprattutto alle emergenze monumentali capaci di sfidare i secoli. Pittori di basso rango - dediti alle finiture, alle insegne, agli ex voto e a molte altre incombenze, fino alla semplice tinteggiatura delle superfici - si sono sempre avvicendati sugli scenari della vita quotidiana nelle città e nelle campagne. Spesso, essi prestavano la loro attività a chiamata, spostandosi in un territorio anche molto esteso, così come avveniva per altre professioni ambulanti, dal piccolo artigianato al commercio all'intrattenimento musicale e teatrale. Tratto da Il mulino del Po (1938-40), capolavoro romanzesco di Riccardo Bacchelli (1891-1985), il brano riportato di seguito fissa il momento in cui Lazzaro Scacerni, il capostipite di una dinastia di mugnai ferraresi, provvede a far dipingere il proprio mulino fluviale: un edificio galleggiante su zattere dette, nel lessico del tempo, "sandon grande" e "sandoncello". L'episodio si svolge a inizio secolo XIX, in un'Italia ancora politicamente, culturalmente e linguisticamente frammentata. Incerto se battezzare il mulino con un nome triste e autobiografico ("Mulino della fame") o con uno beneaugurante ("San Michele"), alla fine Scacerni opta per la seconda ipotesi, e affida la decorazione del grande macchinario a un pittore di barche appositamente ingaggiato. Vedi R. Bacchelli, Il mulino del Po, Mondadori, Milano 1957, vol. I, pagg. 175-176.
– E San Michele sia, – annuì Scacerni, arrendendosi alle savie ragioni, quantunque sempre, in momenti di malumore o di difficoltà, gli venisse fatto in seguito di chiamare il suo mulino con quel nome di maledizione. Volle anche scritti due motti, uno esterno sulla parete del sandoncello, e diceva alle barche in fiume: Per le oche non fa mai alba; – l’altro, sul sandon grande, verso la riva, e diceva ai viandanti: Chi prima va al mulino, macina. – Scriver dei motti, talvolta anche burleschi, era dell’uso, ma questi, per quanto di buon consiglio, avevano un certo sapore schernevole. Li disegnò in bella lettera stampatella il pittore di barche fatto venire da Comacchio per dipingere il mulino San Michele: neri di pece i sandoni; verdi, rosse, gialle, tutti i colori dell’iride, le pareti delle case, con quanti fregi sapeva il pittore. Proravia, sulla parete della casa del sandoncello, costui figurò il santo patrono nel mentre calca sotto i piedi l’attorto drago infernale, a cui diede bargigli infuocati e occhi di basilisco. Anzi, per far paura ai ragazzi curiosi, raccomandava di non guardarli troppo fissamente:
– Oh, non sapete che il basilisco ha un tale occhio, che se si guarda nello specchio si ammazza da sé?
Era un pittore che sapeva il fatto suo; e l’ammirazione per l’opera finita fu grande; e veramente quasi spauriva l’imponenza dell’Arcangelo e la violenza dei colori vampanti.
– Alla gente potete dire, Mastro Lazzaro, – diceva il pittore soddisfatto, – che non si è fatto risparmio nè di carminio nè d’oltremare, che sono i colori più costosi in mesticheria.
Ci fu qualcuno, forestieri di passaggio, saccenti, magari mandati da mugnai segretamente invidiosi, che insinuarono il pittore non esser forte nello scorcio e nella prospettiva, in quanto la lancia che l’Arcangelo brandiva nella destra levata sarebbe andata a infilzarsi, anzi che nel drago sottoposto, nel proprio ginocchio sinistro dell’Arcangelo, proteso. La critica fu riferita all’artista, e lo lasciò imperturbato:
– Si ferisce da sé, han detto? L’hanno preso per un «bazurlone» pari loro, San Michele Arcangelo? Lascino fare a lui, che sa quel che fa e il maneggio delle lancie.
«Bazurlone» in dialetto significa sciocco, balordo, sventato; e tali furono stimati i critici da quella sentenza in poi. Sulla parete del sandon grande era effigiato, con meno sfoggio, il santo dei mugnai di Po, il barbuto Sant’Antonio Abate, protettore dell’acqua e del fuoco.
In alto: particolare di ritratto fotografico di Riccardo Bacchelli pubblicato sulla rivista "Pan", n. 4, aprile 1935, p. 614. Sotto: mulino natante sul Po in una foto scattata dallo scrittore Giovanni Guareschi a Ficarolo, in provincia di Rovigo, nel 1941 (www.gazzettadiparma.it).