Il solo fatto di avere scommesso sul binomio decorazione-ornamento, è un titolo di merito per la Fondazione Palazzo Magnani di Reggio Emilia. Non era facile puntare su un argomento così complesso e rischioso, sia dal punto di vista scientifico-culturale, sia in termini di consenso e di ritorno d’immagine. Il risultato è, nel panorama attuale delle grandi mostre, una positiva eccezione. I due curatori, Claudio Franzoni e Pierluca Nardoni, hanno suddiviso What a Wonderful World in nove sezioni. Nove diverse ipotesi di lettura, che svariano dall’antichità all’oggi, dalla natura alla cultura, dall’iconico all’aniconico, dal locale al globale.
Le elenchiamo e commentiamo nell’ordine: 1) Natura ornata. Il mondo animale, vegetale e minerale, come fonte primaria di pattern decorativi. 2) Il corpo decorato. Le pratiche – dal tatuaggio all’abbigliamento alla cosmesi – che hanno fatto del corpo umano uno degli ambienti elettivi della decorazione. 3) Il fascino della vegetazione. L’apporto del fitomorfismo alla storia della decorazione architettonica e di oggetti. 4) L’incanto dell’astrazione: intrecci, incroci, nodi. La grande tradizione dei tracciati lineari, tra misticismo e virtuosismo. 5) Ornamento come aiuto: l’esperienza dell’Ars Canusina. Una iniziativa di respiro locale, poco nota fuori Reggio Emilia, ma che precorre l’attuale dibattito sul neoartigianato e le autoproduzioni, come prospettiva culturale e occupazionale. 6) La scrittura come ornamento. Le tradizioni calligrafiche e tipografiche, dall’antichità ad oggi. 7) La scena del “delitto”. La congiuntura storica, a cavallo della rivoluzione industriale, in cui matura la presa di coscienza della decorazione e, successivamente, la sua messa in crisi. 8) Le avanguardie artistiche: il ritorno del “rimosso”. Le avanguardie novecentesche e le ricerche artistiche attuali alle prese coi problemi del decorativo. 9) Ornamenti “altri”: sguardi verso culture lontane. Esotismi, orientalismi, ibridazioni all’insegna del decorativo.
Oltre ai saggi introduttivi e a due appendici, il catalogo della mostra consta di ventotto lemmi di autori vari, ordinati alfabeticamente da Animali fino a Stile. Pur nelle inevitabili disomogeneità, anche questo vocabolario offre un contributo prezioso alla comprensione di fenomeni non facili da afferrare, e che spesso fuoriescono dal perimetro delle arti figurative in senso stretto.
Nell’allestire il percorso espositivo, i due curatori hanno sistematicamente affiancato le une alle altre opere d’arte antiche, medievali, rinascimentali-moderne e contemporanee. E lo hanno fatto con grande discernimento, senza mai stravolgere i dati storici e interpretativi di partenza. Del resto, il nodo decorazione-ornamento richiama l’attenzione più sull’invenzione figurativa e sulle sue varianti nel tempo e nello spazio, che non sull’individualità del singolo autore, e dunque la scelta di accostare opere anche molto difformi tra loro, è perfettamente in tema. È proprio qui uno degli aspetti salienti delle pratiche ornamentali: la loro natura innata, quasi atemporale, tale per cui, quando vi si cimentano, anche gli artisti più celebri appaiono (se così si può dire) meno originali, meno inconfondibili del solito.
Tra i grandi nomi in mostra non mancano Leonardo da Vinci e Albrecht Dürer, accomunati dall’interesse per nodi e intrecci, e poi il grande ritrattista bresciano Alessandro Bonvicini detto il Moretto, William Morris, Alphonse Mucha, Giacomo Balla, Gino Severini, Andy Warhol, Robert Kushner, Keith Haring, per citarne solo alcuni. Ma le sorprese più impensate vengono spesso da artisti di fama circoscritta, o dai tanti, sparsi nei secoli, di cui non si saprà mai l’identità.
Qualunque sia l’argomento di una esposizione d’arte, il periodo storico più scottante che si possa affrontare è sempre quello odierno, ed anche What a Wonderful World non si sottrae alla regola. Vi è, innanzitutto, la difficoltà di dover operare una selezione, necessariamente soggettiva e parziale, su un materiale recentissimo, ancora non decantato. Ma riaprire oggi il dossier decorazione-ornamento comporta un altro problema, e non da poco: il dover fare i conti col lascito del secolo XX. E cioè, con un’arte assuefatta ormai da decenni a misurarsi col contesto del museo e della galleria, ma spesso a disagio nel doversi confrontare con uno spazio e un tempo realmente collettivi e vissuti, quali sono quelli in cui decorazione ed ornamento trovano il proprio habitat.
In questo habitat, non c’è invenzione, anche la più sorprendente e personale, che non abbia qua e là un raffronto, un paragone, talvolta addirittura un sosia, esattamente come ogni uomo o donna sa di averne uno da qualche parte del mondo. È questo il messaggio che la mostra ha meglio saputo cogliere ed amplificare, rendendolo finalmente leggibile ad un vasto pubblico.
What a Wonderful World. La lunga storia dell’ornamento tra arte e natura, a cura di Claudio Franzoni e Pierluca Nardoni, apre a Reggio Emilia, nelle due sedi di Palazzo Magnani e dei Chiostri di San Pietro, dal 16 novembre 2019 all’8 marzo 2020. Il catalogo è edito da Skira.
In alto: Pietra paesina, seconda metà XVIII secolo, ammonite levigata, cm. 16,5 x 14 x 2,5, Reggio Emilia, Musei Civici (foto © Carlo Vannini). Sotto: la copertina del catalogo.