I trattati architettonici rinascimentali sono interessanti non solo nel merito delle questioni affrontate, ma anche nel metodo con cui gli autori le risolvono. A cominciare dal più importante di tutti, Andrea Palladio, essi concepiscono l'attività progettuale con gli stessi criteri, familiari anche alle maestranze di cantiere. All'epoca non c'è un sistema universalmente riconosciuto di unità di misura, e queste variano considerevolmente di luogo in luogo. Dunque non si ragiona, come oggi potrebbe sembrare ovvio, per astrazioni numeriche, ma in base a rapporti proporzionali esprimibili tramite frazioni. Lo strumentario-base del progettista è quello della geometria euclidea: compasso e squadra in primis. Egli procede tramite l'intersezione e la segmentazione di figure geometriche, la cui evidenza ottica è la sola che possa infrangere la barriera degli usi e delle consuetudini locali. Le quote assolute (espresse in pollici, palmi, piedi, braccia...) non vengono prima ma dopo, e vi è sempre un modulo, un comune divisore, a cui tutte possono essere ricondotte. A beneficiarne è la qualità del progetto, in termini formali e compositivi. Nel brano che proporremo alla fine di questa presentazione, Sebastiano Serlio (Bologna 1475-Fontainebleau 1554/55) illustra il procedimento per dimensionare un oculo posizionato all’esterno di un edificio. (Dove per oculo si intende la finestra circolare - talvolta cieca - praticata nel frontone o comunque nella parte alta di una facciata, oppure al centro di una cupola, come nel Pantheon. O anche, per analogia, si potrebbe pensare a tondi e rosoni di varia specie, da disegnare su mobili ed altri oggetti tramite intarsio, intaglio, mosaico o altra tecnica). Serlio equipara lo spazio in cui collocare l’oculo, nella sua estensione orizzontale, al diametro di un semicerchio (si veda la figura qui sotto). Costruito il rettangolo avente come base il diametro e come altezza il raggio del semicerchio, egli ne traccia le diagonali, il cui punto di intersezione sarà il centro dell’oculo. Partendo dagli angoli inferiori del rettangolo, Serlio traccia poi le due linee convergenti nella sommità del semicerchio, dove questo interseca il lato superiore del rettangolo: una diagonale del rettangolo intersecherà la linea convergente da sinistra, l’altra la linea convergente da destra. Serlio fa infine cadere dai due punti di intersezione, perpendicolarmente verso il basso, due linee parallele: la distanza fra di esse sarà il diametro dell’oculo. L’ornamento - cioè la cornice - si estenderà, tutto intorno all'oculo, per un sesto del suo diametro. Da notare l'accezione estremamente concreta, funzionale, in cui la trattatistica rinascimentale usa la parola "ornamento". Per Serlio ornamento è, in questo caso, il corredo minimo necessario, affinché un varco nel muro possa essere percepito non come una generica apertura, ma come elemento architettonico significante. Il brano che presentiamo è tratto dall'edizione postuma delle opere di Sebastiano Serlio pubblicata nel 1618 per le cure di un altro illustre architetto, Domenico Scamozzi: Tutte l'opere d'architettura et prospetiva di Sebastiano Serlio bolognese, Franceschi, Venezia 1618, libro I, p. 16.
Accade spesse volte all’Architetto di fare un occhio ad un Tempio, ò grande, ò piccolo che sia, & peraventura egli non saprà di che grandezza lo debbia fare. Ma a suo proprio parere, & a compiacentia d’occhio lo farà. Ma se portato dalla ragione, & dalle linee lo vorrà fare, non sarà mai da chi intende tal cosa biasimato, & però l’Architetto misurerà la larghezza di quel spatio, dove vorrà far l’occhio, & in quella farà un mezo cerchio, dipoi quello serrato da linee rette, & tirate le due linee a schiancio, & appresso due altre linee dalli angoli di sotto alla sommità del mezo cerchio, dove le due linee a schiancio superiori intersecheranno in quelle che vanno alla sommità, lì sarà il termine di fare due linee a piombo, le quali daranno la larghezza dell’occhio, sì come dimostra la figura qui a canto, & con l’ornamento di esso si farà la sesta parte del suo diametro.
In alto: Bartolomeo Passarotti (attribuito a), Ritratto di Sebastiano Serlio (particolare), olio su tela, cm. 60 x 44, Paris, Galerie Canesso (www.canesso.art). Sotto: riproduzione della pagina 16, libro I, del volume "Tutte l'opere d'architettura et prospetiva di Sebastiano Serlio bolognese", Franceschi, Venezia 1618.