Torinese, diplomata in Scenografia all'Accademia Albertina, oggi residente nei pressi di Savona, Barbara Valli si dedica ad una professione, quella di decoratrice d'interni, che è la sintesi di molte competenze apprese e praticate in passato, e mai dimenticate: restauratrice, corniciaia, antiquaria, costumista, pittrice. Il suo studio professionale, Creative Surfaces (www.creativesurfaces.it, ma si veda anche la pagina facebook Ornamenta Design), si è affermato in Italia e all'estero progettando e realizzando gli interni di abitazioni private e di esercizi pubblici concepiti come pezzi unici, coniugando rigore compositivo, rievocazione del passato, estro grafico e cromatico. Decorazioni pittoriche, resine, resine dipinte, pavimenti, lavorazioni a spessore, velature, mobili colorati, tappezzerie, sono alcuni dei settori di intervento in cui Barbara e i suoi collaboratori operano, rendendo tangibili le intuizioni che nascono dal dialogo col committente. In questa intervista, Barbara fa il punto sull'attività svolta ed accenna alle prospettive di un mestiere che, nelle procedure da lei adottate, si propone come atelier itinerante, luogo di sorprese percettive in continuo divenire.
Vuoi descrivere, con parole tue, l’attività che svolgi?
Quando mi definisco decoratrice d’interni, mi sento chiedere: «Quindi esegui trompe d’oeil?». Oppure: «Dipingi i soffitti delle chiese?». È difficile spiegare cosa faccio, anche perché il mio è un lavoro dalle mille incognite, che si svolge su un canovaccio dettato dalla clientela, la quale in genere ha sfogliato qualche rivista, prefigurandosi il risultato finale. Le mie proposte intervengono su questo canovaccio. Di solito, la clientela ha un’idea abbastanza precisa di ciò che vuole, perlomeno in termini di atmosfera complessiva. Consiglio in genere di consultare il mio sito internet, anche perché, quando provo a spiegare che realizzo effetti di muro scrostato, o pareti arrugginite, o trame astratte, spesso la reazione è di perplessità.
Attraverso quali studi ed esperienze ti sei formata professionalmente?
Le esperienze sono state due, e distinte. La prima, propriamente scolastica, mi ha visto frequentare, dopo il Liceo Artistico, l’Accademia di Belle Arti di Torino (1992-97). Credo di averne beneficiato soprattutto in termini di libertà immaginativa, di educazione a collaborare con gli altri, di accesso a un bagaglio culturale più vasto. La seconda esperienza si è svolta nella bottega di mio padre, pittore, scultore, restauratore, inventore, costruttore di canne da pesca in bambù ed altro ancora. Insomma, una di quelle persone che amano mettersi alla prova, ponendosi sempre nuovi obiettivi e ricominciando ogni volta da zero fino a raggiungere la perfezione tecnica in quel particolare campo. Credo sia stato proprio questo il percorso per me decisivo. In particolare, nel periodo degli studi, collaborai con mio padre in una commissione di grande impegno, da eseguirsi negli orari di chiusura degli uffici. Si trattava di curare il restauro dei saloni dirigenziali della Banca San Paolo, in piazza San Carlo a Torino. I nostri interventi, distribuiti su un arco di tempo pluriennale, svariavano dal ripristino di laccature e dorature a foglia oro zecchino, al restauro di mobili intarsiati della bottega del Piffetti, alla pulitura e al restauro di cornici antiche ed ampie boiseries dorate e laccate, alle puliture e ai piccoli restauri pittorici. Fu un’occasione che mi permise di acquisire tecniche e segreti che ho poi applicato in mille varianti diverse, sposando le tecniche antiche alla concezione più moderna di decorazione, oggi richiesta dalla mia clientela. Il coinvolgimento della vista e del tatto nel lavoro sulla materia mi appassiona: quando meno te lo aspetti, sai comunque cosa fare. Non sai perché ma sai farlo, e questo è bellissimo.
Come organizzi e come gestisci, dal punto di vista logistico, un tuo incarico-tipo?
In genere, il mio incarico-tipo si svolge in rapporto diretto con il committente. Normalmente, tutto nasce da un passaparola: un lavoro già visto o di cui il committente ha sentito parlare. Successivamente, anche attraverso immagini di riviste o di lavori che ho già eseguito per altri, il committente mi spiega cosa desidera. Ad ogni nuovo lavoro, cerco di cambiare sempre qualcosa che lo renda unico, semplice o complesso che sia.
Quali sono i rischi e le incognite in cui ti imbatti più spesso quando devi soddisfare le richieste della committenza?
L’incognita maggiore è quella di non riuscire a sintonizzarmi coi gusti della clientela, mantenendo comunque la mia coerenza artistica. Altra incognita è quella della tempistica: se si ha a che fare con una ristrutturazione, allora c’è il rischio che i tempi non vengono rispettati e che si abbia una sovrapposizione di persone tutte contemporaneamente all’opera, anche quando all’interno dell’abitazione dovrei esservi solo io.
Un tempo la decorazione faceva tutt’uno con la progettazione architettonica. Che tipo di dialettica vi è oggi tra decoratori ed architetti?
Non vi è un rapporto quotidiano con l’architetto, ed in pochissimi casi ne ho avuto uno come intermediario. Può capitare che gli architetti talvolta esagerino nell’imporre il proprio gusto al cliente. Spesso, anche se non sempre, si instaura un difficile rapporto a tre, che viene meno strada facendo, lasciando me e il committente soli, ad occuparci delle lavorazioni. Non di rado vivo per tutta la durata del lavoro sul luogo, potendo così capire e apprendere più intimamente i desideri del proprietario, con cui si instaura un rapporto di fiducia.
I tuoi studi nel campo della scenografia e della costumistica sono solo un’esperienza consegnata al passato oppure ti offrono ancora motivi di riflessione e di invenzione?
Sono un’esperienza tuttora presente nel mio modo di essere e lavorare. Mi identifico in quell’esperienza, in quel mix di scuola e bottega che mi ha accompagnata fin da quando ero piccola e, col cavalletto da pittrice, seguivo ed emulavo mio padre. L’esperienza accademica mi ha dato due cose molto importanti anche se diametralmente opposte: la libertà inventiva e l’esatta percezione dei vincoli realizzativi. Da un lato, cerco di non pormi mai dei limiti invalicabili. Dall’altro, valuto accuratamente la struttura sulla quale devo intervenire.
Operando in contesti geografici e culturali diversi, hai notato qualche differenza nell’approccio che le varie regioni e città da te frequentate propongono rispetto ai temi della decorazione? Oppure, come in altri campi, anche qui l’omologazione ha ormai prevalso?
Le differenze ci sono e continuano a pesare. Ho lavorato all’estero, in Svizzera e in Francia. Per quanto riguarda invece l’Italia, in Piemonte, Lombardia, Lazio e Toscana. Vivo in Liguria da anni pur essendo piemontese ma, ahimè, la decorazione d’interni non è particolarmente sentita in questa regione. Perdura invece, in quella parte di Liguria che va da Genova verso levante, l’attenzione per il decoro delle facciate esterne. Personalmente, cerco di sfuggire all’omologazione. Evito di riproporre passivamente le soluzioni più alla moda e, ove necessario, preferisco puntare su effetti semplici ma inusuali. In questo senso, faccio leva sulla volontà di distinzione e di originalità che anima comunque la clientela. Alla fin fine, le riviste sono solo uno spunto da cui partire per poter ritrovarsi a parlare la stessa lingua.
I pattern geometrici, strutturali e costruttivi della decorazione sono al centro degli interessi di una rivista come FD. Ci sono esperienze in questo campo che ricordi con piacere e di cui vorresti parlare?
Devo dire che i pattern geometrici mi interessano molto. Ci sono stati periodi in cui ho proposto e realizzato diversi lavori di questo tipo. Purtroppo adesso, con tutte le immagini personalizzate che vengono stampate sulle carte da parati disponibili sul mercato, le pareti dipinte (che a mio parere hanno ben altro fascino, essendo uniche e concepite ad hoc per quella casa e per nessun’altra) sono un po’ meno richieste. Purtroppo si va sempre più verso una sorta di “omologazione personalizzata”. Anche per questo, le carte da parati la fanno da padrone rispetto alla decorazione dipinta. Oggi, esse offrono davvero tante alternative, in alcuni casi anche molto belle e di qualità. Ovvio che, come in tutte le cose, bisogna saper scegliere.
In tutti gli ambiti professionali, tra ciò che si apprende nelle aule scolastiche e la pratica concreta vi è un divario più o meno accentuato. Nel tuo caso, quali sono le maggiori differenze che hai riscontrato? Quali suggerimenti ti sentiresti di dare?
Sicuramente il divario c’è. Basti dire che il mio lavoro è nato quasi per caso. Il mio obiettivo iniziale erano il teatro e la scenografia. Poi ho cominciato aprendo un negozio di cornici antiche e cornici lavorate a mano, ma trovandomi a disagio nella dimensione ristretta della bottega, ho deciso di diventare imprenditrice di me stessa. Così, ho tentato di applicare quello che avevo imparato in tutti i miei percorsi formativi, con la finalità unica di creare, all’interno delle case e per le persone che ci abitano, quella magia ed atmosfera che, inizialmente, mi sarebbe piaciuto esprimere in termini scenografici. Successivamente non ho più avuto pentimenti, anche se è un lavoro molto duro, in cui la lontananza da casa penalizza i rapporti personali. Il suggerimento migliore che posso dare è di seguire le proprie ambizioni, e di crederci, perché c’è spazio per tutti. Se si ama ciò che si fa, lo si può solo fare al meglio, e questo viene comunque riconosciuto.
Ci sono progetti o idee che per te hanno particolare importanza e di cui vorresti occuparti in futuro?
Idee e progetti, tanti. Il primo è quello di fermarmi per un po’ nello stesso luogo. Poi, di trovare gli spazi fisici e la giusta aggregazione di persone, per dedicarmi anche all’insegnamento. Vorrei che l’accumulo delle esperienze compiute fin qui non andasse perso, e che altri potessero farne tesoro. Nel mio lavoro è molto raro collaborare con altri in maniera continuativa. Ognuno ha la propria mano, la propria energia e sensibilità: non si tratta semplicemente di riprodurre un’immagine, ma di creare un’atmosfera complessiva. Credo che l’apprendimento dei metodi e dei ritrovati tecnici, dei piccoli segreti del mestiere, possa innescare un circolo virtuoso nelle persone coinvolte. Poi, naturalmente, l’apporto individuale di ognuno potrà acquistare il giusto rilievo.
Sopra, dall'alto: Barbara Valli/Creative Surfaces, motivo pavimentale a scacchiera, su parquet preeesistente, in abitazione privata; quattro proposte di decorazione parietale in abitazione privata (foto © Barbara Valli). Sotto: Barbara Valli/Creative Surfaces, motivo pavimentale, con effetto grafico a tappeto, per spazio commerciale (foto © Barbara Valli).